Contratti di lavoro, istruzioni per l’uso

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Sintesi dell’articolo di Giuliana Grimaldi, http://www.tgcom.it (sul sito si può consultare la versione completa)

Sono 3 milioni e 127 mila i disoccupati italiani che ogni giorno cercano un lavoro. Ecco cosa devi sapere se passi una selezione e ti offrono un impiego. Leggi anche gli altri articoli dello speciale dedicati agli errori di chi si propone per una posizione, alle potenzialità del web, al mondo della pubblica amministrazione, alla giungla degli stage e all’importanza di fare cv e colloquio perfetti.
I lavoratori assunti al tempo della crisi sono in gran parte precari. Come rileva l’ultimo monitoraggio Isfol sugli effetti della Riforma Fornero, il tempo determinato si è affermato come il contratto più diffuso in Italia: dal luglio 20112 al marzo 2013 l’incidenza dei contratti a termine sul totale degli avviamenti è passata dal 63,4 per cento al 67,5 per cento.

Si tratta di contratti che in 42 casi su 100 durano al massimo un mese. E il ricorso al tempo determinato diventa sempre più raro: tra l’inizio del 2012 e l’inizio del 2013 le attivazioni di posti fissi si sono ristrette di un ulteriore 10,2 per cento.
I consigli dell’esperto
Ma non ci sono soltanto i contratti a termine. A chi viene assunto si presenta un ampio spettro di possibilità. È l’avvocato Giampiero Falasca, partner dello Studio Dla Piper e responsabile del dipartimento lavoro, a fotografare l’attuale situazione italiana:

Come funzionano i contratti di lavoro in Italia?
Abbiamo un numero eccessivo di contratti diversi e da questo fatto deriva il forte disorientamento di chi cerca impiego. Con la legge Biagi l’Italia è passata dalla rigidità alla flessibilità, ma quella tricolore è una flessibilità complessa che si radica in una cultura giuridica sproporzionata e difficile, incomprensibile per gli investitori stranieri.

Come orientarsi nella giungla dei diversi contratti?
Possiamo dividerli in tre grandi gruppi. I contratti formativi: stage e apprendistato. I contratti flessibili: sono tutti quelli a termini: il tempo determinato, la somministrazione, il lavoro intermittente, il lavoro accessorio. I contratti autonomi o parasubordinati: il più comune è il lavoro a progetto, ma spesso è usato in modo improprio, spesso è lavoro subordinato di serie B. Poi c’è l’associazione in partecipazione. Infine, la partita Iva, la cosiddetta prestazione d’opera del libero professionista.

I vari contratti vengono usati bene?
Non tanto. Oggi si parla di 15mila precetti sul lavoro. Le norme sono così complesse che le aziende sono quasi costrette a trasgredirle: le uniche che riescono a reggerne il peso sono quelle grandi, ma si tratta di un esiguo 10 per cento. I maggiori abusi avvengono sul lavoro a progetto e sulla partita iva perché spesso nascondono un lavoro subordinato mascherato oppure un lungo periodo di prova. E poi l’associazione in partecipazione che dovrebbe rappresentare un’eccezione, viene usata in modo improprio. Molti contratti finiscono poi in tribunale perché sono soggetti a diverse interpretazioni e hanno tante regole: il tempo determinato è il tipico contratto che dà adito a una causa, ma poi ogni giudice lo interpreta a modo proprio. Avvocati e sindacati sono ineliminabili, ma non procacciano il lavoro: possono farti avere un risarcimento, ma non il posto. Per uscire dalla gabbia degli abusi un giovane deve allora puntare soprattutto sulle proprie competenze.

Quali novità hanno introdotto l’ex ministro Fornero e l’attuale Giovannini?
La legge 28 giugno 2012, n. 92 voleva interrompere la catena infinita dei contratti a tempo determinato e incoraggiare le assunzioni a tempo indeterminato, ma alla fine è stata un fallimento clamoroso e annunciato. Aggiungeva soltanto regole burocratiche a un sistema già ingolfato dai cavilli. E’ stata un’ottima occasione per convocare belle conferenze stampa. Il vero contrasto alla precarietà si fa scegliendo quali sono i contratti flessibili ammessi e cancellando quelli che non funzionano. L’effetto è stato che molti lavoratori a tempo determinato hanno perso il posto. L’eccesso di regole non produce mai posti di lavoro, ma solo la ricerca incessante di scappatoie. Se non si arriva a una massiccia semplificazione, le assunzioni non ripartiranno mai. Il bonus introdotto a giugno dal ministro Giovannini è fumo negli occhi: è più basso di quello che già si dava per l’apprendistato. Ma su questo provvedimento vale il principio enunciato da Marco Biagi: nessun incentivo economico bilancerà un incentivo normativo.

Quale tipo di provvedimento servirebbe allora per rilanciare l’occupazione?
A oggi non abbiamo un ambiente favorevole alle assunzioni. I datori di lavoro bloccano l’ingresso di nuovi dipendenti non soltanto solo per l’eccessivo costo del lavoro, ma anche per la paura delle numerose norme e dei contenziosi. Andrebbe avviata una semplificazione massiccia: meno contratti e con regole più facili. A quel punto le aziende non avrebbero alcun alibi e si potrebbe impostare una seria lotta agli abusi.

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