Gli accordi di prepensionamento introdotti dalla legge Fornero sono stati fino ad oggi poco considerati, non tanto perché lo strumento non sia valido, ma a causa dell’estrema ed eccessiva vastità dei precetti contenuti nella legge 92/2012, che ha ritardato la comprensione e l’analisi, da parte del mercato, di questo istituto. Solo ora stanno le aziende iniziano a vedere questi accordi come possibili leve da usare per gestire le crisi aziendali. Il punto di forza di questo meccanismo risiede nella convenienza bilaterale dello stesso: il lavoratore ottiene, nei fatti, un anticipo del trattamento previdenziale, trovando una copertura economica per periodi di lavoro che, altrimenti, in caso di licenziamento, sarebbero rimasti sprovvisti di reddito e di pensione (come sanno bene i c.d. esodati). L’azienda, dal canto suo, può utilizzare una forma morbida di risoluzione del rapporto di lavoro, che ha l’indubbio vantaggio di prevenire ogni possibile contenzioso con il lavoratore. Un altro punto di forza sta nel coinvolgimento del sindacato, la cui presenza garantisce i lavoratori e consente agli stessi di guardare allo strumento senza eccessiva diffidenza. L’utilità dello strumento si apprezza ancora di più se si considera che nell’ordinamento latitano le norme in grado di consentire una gestione efficiente degli esuberi di personale. Non è efficiente la normativa sui licenziamenti collettivi, costellata da trappole e formalismi che fanno diventare una lotteria ogni procedura di riduzione di personale, ma che non offrono alcuna garanzia reale alle parti coinvolte. Altrettanto inefficienti sono gli strumenti di ammortizzazione sociale, troppo orientati verso la tutela passiva del reddito, e poco mirati a stimolare la ricollocazione delle persone. In questo scenario, il prepensionamento previsto dalla legge n. 92/2012, potrebbe avere successo, per la sua capacità di bilanciare in maniera adeguata tutti gli interessi in gioco.
L’unico limite del sistema è il costo: anche se l’azienda risparmia rispetto a quanto pagherebbe per gli stipendi, il meccanismo è sostenibile solo da aziende che possono sostenere spese importanti.