Università e lavoro: un collegamento ancora insufficiente

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bocchieri_gianni--400x300Gianni Bocchieri

Secondo l’ultimo rapporto Almalaurea sulla condizione occupazionale dei laureati, nell’ultimo anno, è aumentata sia la disoccupazione dei laureati triennali, sia la disoccupazione dei laureati specialistici. Aumenta pure la disoccupazione degli specialistici a ciclo unico, come i laureati in medicina, architettura, veterinaria e giurisprudenza. Questa tendenza negativa riguarda tutte le aree geografiche e anche i laureati tradizionalmente caratterizzati da un più favorevole posizionamento sul mercato del lavoro, come gli ingegneri. Tuttavia, nonostante la crisi, a cinque anni dal titolo il tasso di disoccupazione si riduce a valori considerati fisiologici e il tasso di occupazione è prossimo al 90 per cento, indipendentemente dal tipo di laurea. Con il passare del tempo, migliorano anche la stabilità del lavoro e il livello medio delle retribuzioni, seppure con forti differenze territoriali, per percorsi di studio e di genere.
In sintesi, il rapporto Almalaurea conferma che i giovani laureati italiani hanno maggiori difficoltà dei loro colleghi europei ad entrare nel mercato del lavoro. Però, allo stesso tempo, sostiene che la laurea continua a rappresentare un forte investimento contro la disoccupazione. Infatti, negli ultimi cinque anni, la disoccupazione dei laureati è aumentata del 50% rispetto al 60% della disoccupazione totale dei giovani tra i 25 e i 34 anni ed anche rispetto ai diplomati, i laureati godono di un tasso di occupazione più elevato di circa dodici punti percentuali.
L’analisi ambivalente del rapporto insiste sulla riduzione della quota di occupati nelle professioni ad alta specializzazione, in controtendenza rispetto al complesso dei paesi dell’Unione Europea. Il rapporto rileva che il ritardo italiano nei livelli di scolarizzazione degli occupati del settore privato e di quello pubblico si riflette significativamente sui livelli di istruzione della classe manageriale e dirigente italiana, con il 37% degli occupati italiani classificati come manager ad aver conseguito solo il titolo della cosiddetta scuola dell’obbligo.
Infine, il rapporto ricorda che ancora nel 2010 l’Italia si trovava agli ultimi posti per la quota di laureati sia per la fascia d’età 55-64 anni sia per quella 25-34 anni.
Se i dati evidenziati da Almalaurea sono assolutamente condivisibili, lo è meno l’analisi delle motivazioni che determinano questa situazione. Sostiene Almalaurea che il ridotto assorbimento di laureati e la ridotta valorizzazione della conoscenza abbia più a che vedere con le caratteristiche dimensionali delle imprese italiane piuttosto che dall’efficacia e dall’efficienza del sistema universitario. Inoltre, ritiene che la mancata corrispondenza tra le caratteristiche del capitale umano offerto dai lavoratori e quello richiesto dalle imprese, il cosiddetto disallineamento formativo, sia più dovuto alle dinamiche del mercato del lavoro italiano. Pertanto, le difficoltà delle imprese a trovare alcune figure professionali sarebbe più un problema legato alle scarse informazioni disponibili, alla vischiosità del mercati del lavoro, agli elevati costi della mobilità geografica, a canali e strumenti di reclutamento poco efficienti, piuttosto che a un deficit strutturale dell’offerta formativa.
Le tesi di Almalaurea sembrano eccessivamente assolutorie del sistema universitario e rischiano di giustificare l’eccessiva presenza di offerta di percorsi universitari generalisti, sganciati dalle esigenze del mondo delle imprese e non finalizzati all’occupabilità dei giovani.
Invece, come previsto nell’ultimo piano triennale, le università devono continuare a rivedere la loro offerta formativa, eliminando i corsi di laurea con minori iscritti e con più deludenti risultati in termini di risultati occupazionali. Inoltre, le università devono continuare a potenziare i loro uffici di placement con la pubblicazione dei curricula dei loro laureati. Infine, deve essere sostenuto l’avvio del sistema degli ITS come formazione terziaria aggiuntiva rispetto a quella universitaria.

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