Riduzione del cuneo fiscale, gli scenari in vista della legge di bilancio

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Filippo Chiappi

In vista della legge di Bilancio 2018, uno dei temi oggetto di profondo dibattito politico e dottrinale concerne la riduzione del cuneo fiscale. Tra le ipotesi praticabili, possiamo al momento individuarne tre. Nello specifico, in relazione alle assunzioni a tempo indeterminato, anche a scopo di somministrazione, decorrenti dal 1° gennaio 2018, abbiamo:

1) il dimezzamento (50%) dei contributi per 2 o 3 anni di lavoro, limitatamente alle nuove assunzioni di giovani;

2)  la riduzione del costo della contribuzione per tutti;

3) decorsi 2 o 3 anni dal dimezzamento dei contributi di cui alla ipotesi n. 1, un successivo taglio di quattro punti percentuali in via permanente.

1) Il dimezzamento (50%) dei contributi per 2 o 3 anni di lavoro

Si potrebbe prevedere il dimezzamento dei contributi previdenziali ed assistenziali limitatamente alle nuove assunzioni per due o tre anni di lavoro, ma con un tetto massimo pari a 3.250 euro. L’agevolazione dovrebbe essere riservata ai contratti di lavoro a tempo indeterminato, ma a condizione che il lavoratore neoassunto non abbia superato i 29 anni di età. È allo studio la possibilità di alzare l’asticella anagrafica, prevedendo  un limite superiore ai 30 anni (32 o 35) per non penalizzare eccessivamente l’universo occupazionale con riguardo ai “meno giovani”.

Al fine di contrastare  comportamenti elusivi, adottati al solo fine di fruire del beneficio e non di creare nuova occupazione stabile, il Governo sta pensando di introdurre due ulteriori condizioni, che devono essere contestualmente verificate al fine di fruire della riduzione contributiva in esame al punto 1.

In primis l’azienda che ha assunto il lavoratore – il cui costo della contribuzione è ridotto – , non deve aver licenziato dipendenti nei sei mesi precedenti rispetto alla data dell’assunzione “agevolata”. Bisognerà discutere se riguarda lavoratori con medesime mansioni, mansioni equivalenti piuttosto  con mansioni che rientrano nel medesimo livello e categoria legale di inquadramento, rispetto al giovane agevolato. La ratio è di evitare che il datore di lavoro utilizzi nuova occupazione a costo più basso come sostituzione di forza lavoro a costo più alto.

In secundis il giovane agevolato non potrà essere licenziato nei sei mesi successivi all’assunzione. In questo caso, ove dovesse scattare il licenziamento, dovrebbe essere previsto un meccanismo di restituzione (di versamento) dei contributi precedentemente non versati avendo trovato applicazione la riduzione in rassegna. Anche qui si incentiva l’occupazione stabile decontribuita e si scoraggia l’occupazione mordi e fuggi.

 

2) In alternativa alla riduzione del cuneo fiscale “selettiva”, è allo studio un’altra possibilità, cioè la riduzione del costo della contribuzione per tutti. In questo caso il “risparmio” contributivo dovrebbe essere pari a circa 3 o 4 punti percentuali. Questa soluzione risulta più   praticabile anche perchè  riguarderebbe, invece, tutti gli occupati e, oltre ad essere permanente, sarebbe completamente scollegata rispetto all’età del lavoratore, non effettuando discriminazioni in base all’età.

 

3) Si ha una terza possibilità che prevede, decorsi due o tre anni dopo il dimezzamento dei contributi, un successivo taglio di quattro punti percentuali in via permanente. Questa ulteriore ipotesi appare difficilmente praticabile in quanto la UE impone di non effettuare discriminazioni in base all’età del lavoratore, in relazione a tagli strutturali. Ma soprattutto, potrebbe portare con sè il famigerato calcolo e mantenimento dell’U.L.A., incremento netto occupazionale. In sostanza per i nuovi assunti a tempo indeterminato a decorrere dal 1° gennaio 2018 , avremmo:

– per i primi 24 mesi o 36 mesi, uno sconto pari al 50% dei contributi previdenziali entro un tetto massimo di € 3.250,00 annui;

– al termine dei 24 / 36 mesi, per evitare emorragie occupazionali (cosa che potrebbe accadere alla mezzanotte del 31 dicembre 2018 per gli assunti decontributi 2015 e 2016) e speculazioni datoriali, nel caso di continuità del rapporto a tempo indeterminato si avrebbe una riduzione costante, stabile e quindi strutturale di 4 punti percentuali della contribuzione previdenziale, da dividere a metà tra contribuzione conto azienda e contribuzione conto lavoratore. Dote che il lavoratore al termine dei 24/ 36 mesi, porterebbe con sè nel caso anche di nuove assunzioni a tempo indeterminato presso altre aziende diverse da quella originaria.  Ad esempio dal 28,68% o 28,98% si scenderebbe al 26,68% o 26,98%  conto azienda, ed il lavoratore dal 9,19% scenderebbe al 7,19%. L’effetto sarebbe la riduzione del cuneo fiscale, cioè della forbice tra il costo azienda ed il netto in busta: infatti diminuisce il costo azienda ed aumenta il netto in busta paga.

Ovviamente, a parere di chi scrive, i 4 punti percentuali interessano il fondo IVS, alimentato dal datore di lavoro e dal lavoratore, ai fini pensionistici. La riduzione del versamento contributivo, in un sistema pensionistico con regime contributivo, verrebbe compensata dallo Stato con la contribuzione figurativa utile ai fini Ivs.

Per l’apprendistato, le cose resterebbero immutate, tendendo quindi ad un offuscamento dell’istituto, poichè al termine dell’apprendistato eccetto l’anno successivo di conferma, il lavoratore andrebbe a contribuzione piena mentre i neo assunti a tind, avrebbero per tutta la vita lavorativa 4 punti percentuali in meno.

Ricordiamo che il cuneo fiscale è la differenza tra guadagni netti del lavoratore e costi del datore di lavoro per l’impiego dello stesso lavoratore. Meglio ancora è la differenza tra quanto costa un dipendente al datore di lavoro e quanto riceve al netto lo stesso lavoratore, calcolata in percentuale del salario lordo. In termini nominali, il cuneo fiscale è ottenuto ponendo al numeratore la differenza tra, da un lato, il salario lordo nominale e gli oneri sociali pagati dal datore di lavoro (costo azienda), dall’altro, lo stesso salario, da cui sono però tolte le imposte dirette e gli oneri sociali versati dal dipendente (netto in busta), e mettendo al denominatore ancora il salario nominale lordo

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