Sciopero nei servizi pubblici essenziali: la Commissione ha poteri anche verso i privati che gestiscono i servizi

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Giampiero Falasca – Giulia Propersi

La Commissione di Garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali il 19 gennaio 2015 ha emanato una delibera concernente l’interpretazione dell’articolo 13, comma 1, lett. h), della legge sul diritto di sciopero n. 146 del 1990.

Secondo tale norma, la Commissione, qualora rilevi comportamenti delle amministrazioni o delle imprese erogatrici dei servizi che si concretizzano nella violazione di norme di legge o di contratto collettivo, o che comunque possono aggravare un conflitto in corso, può invitare le medesime amministrazioni o imprese a desistere dai comportamenti e a osservare gli obblighi previsti.

Tale invito formale può essere successivamente tradotto dalla Commissione in provvedimenti sanzionatori a carico delle parti e comunque in una responsabilità, anche di carattere penale, ove siano accertati fatti aventi tale rilevanza.

 

Estensione dei poteri della Commissione

L’ambito soggettivo di applicazione della norma citata e il relativo potere di indagine della Commissione risultano essere limitati alle sole imprese e amministrazioni erogatrici del servizio.

La Commissione di Garanzia, tuttavia, ritiene necessario ampliare la portata soggettiva della norma, tenendo conto dei cambiamenti che hanno investito il settore negli ultimi anni.

Le misure previste dalla legge n. 146 del 1990, infatti, sono state disciplinate in un periodo storico in cui i servizi pubblici essenziali erano caratterizzati da assetti monopolistici e dalla produzione dei servizi da svolgere in favore della collettività direttamente da parte delle stesse amministrazioni.

Nel corso degli anni, questo assetto è cambiato, e si è assistito a un graduale processo di privatizzazione delle aziende di diritto pubblico e contestualmente a una riorganizzazione dei processi produttivi dei servizi con una crescente esternalizzazione delle attività di pubblico interesse a operatori economici terzi.

Tale cambiamento, lungi dal significare un disinteressamento dello Stato per il settore economico, si è concretizzato sostanzialmente nel passaggio da una gestione diretta – dove l’amministrazione organizza e gestisce il servizio con il proprio apparato di uffici o mediante la costituzione di un apposito ufficio-organo con ampi poteri autonomistici – a un modello di gestione indiretta o mediata, ove invece l’amministrazione ha la possibilità di esternalizzare il servizio mediante vari modelli quali l’istituzione di appositi enti pubblici, l’affidamento del servizio a terzi tramite lo strumento della concessione o dell’appalto o la costituzione di società di capitali a partecipazione pubblica (maggioritaria o minoritaria).

Oggi, difatti, eccetto le ipotesi in cui l’amministrazione eroga direttamente il servizio pubblico o vi provvede avvalendosi di un’impresa in house providing (ossia un’impresa solo formalmente distinta sulla quale esercita un controllo analogo a quello esercitato sui propri uffici), i servizi pubblici locali sono erogati mediante l’appalto o la concessione del servizio e la scelta del contraente avviene nel rispetto delle procedure concorsuali ad evidenza pubblica.

L’attuale gestione dei servizi essenziali prevede, pertanto, la partecipazione di una pluralità di soggetti che svolgono attività e compiti differenti rispetto all’amministrazione pubblica. Nel caso, ad esempio, dell’appalto i soggetti che erogano i servizi svolgono per lo più funzioni strumentali e la loro sopravvivenza economica è spesso subordinata all’adempimento degli obblighi contrattuali da parte delle stazioni appaltanti.

In questi casi, le parti del contratto di lavoro, che regolano in termini pratici l’erogazione del servizio, sovente entrano in conflitto per questioni riconducibili alla diretta responsabilità dell’amministrazione pubblica: così ad esempio – soprattutto nei settori dell’igiene pubblica e del trasporto locale – accade che le amministrazioni pubbliche non traferiscano alle imprese erogatrici del servizio le risorse finanziarie pattuite (in caso di appalto o concessione) o dovute (in caso di affidamento diretto) provocando, in tal modo, la loro insolvenza “e, quindi, l’incapacità di soddisfare finanche le obbligazioni retributive del personale“.

In tali casi, nonostante la causa scatenante il conflitto sia addebitabile all’amministrazione pubblica, la Commissione – ai sensi della lettera h) dell’articolo 13 – non può esercitare il proprio potere nei confronti di quest’ultima ma solo nei confronti del soggetto affidatario del servizio.

Alla luce di quanto sopra, in particolare della nuova morfologia assunta dal conflitto collettivo, la Commissione ha rilevato la necessità di una modifica legislativa della disposizione in esame nel senso di permettere alla Commissione medesima l’acquisizione di informazioni anche presso le stazioni appaltanti e gli enti concedenti il servizio, in modo che sia possibile individuare un loro eventuale profilo di responsabilità nella vicenda e conseguentemente rivolgere loro l’invito formale previsto dalla legge.

 

Interpretazione estensiva della normativa

L’Autorità di garanzia per lo sciopero non si è fermata a rilevare la necessità della modifica legislativa, ma si è spinta oltre, ritenendo possibile, nelle more del predetto auspicato intervento, un’interpretazione estensiva dell’articolo 13, lett. h) della legge 146 del 1990 (seppur rispettosa dei confini letterali della disposizione).

Secondo la Commissione, la norma deve essere intesa nel senso di consentirne l’applicazione anche nei confronti dei soggetti terzi rispetto alle parti del rapporto di lavoro ogniqualvolta non si rinvenga alcuna diversità sostanziale tra l’amministrazione e il soggetto affidatario del servizio e quindi quest’ultimo sia, di fatto, “una sorta di derivazione organica del primo“.

La Commissione, quindi, ha ritenuto di poter rivolgere la delibera di invito anche alle amministrazioni pubbliche che hanno affidato l’erogazione del servizio (mediante lo schermo contrattuale dell’appalto o della concessione) ad imprese solo formalmente distinte da esse e sulle quali esercitano un controllo diretto e penetrante, con la successiva trasmissione di idonea informativa alle autorità giurisdizionali competenti qualora, in sede di istruttoria estesa anche alle amministrazioni pubbliche, siano emersi fatti o comportamenti rilevanti dal punto di vista penale o erariale.

 

 

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