Come amava ripetere Marco Biagi, nessun incentivo economico può compensare un disincentivo normativo.
In questi giorni si parla tanto di crediti di imposta e altre costose misure per incentivare il lavoro dei giovani.
La discussione perde di vista un dato essenziale: non è il problema dei costi il primo vincolo all’assunzione dei giovani.
Il costo del lavoro è un problema, ma pesa di più per i lavoratori anziani e, soprattutto, investe voci diverse da quelle che si pensa: c’è il costo gestionale e normativo, che impedisce di usare il lavoro flessibile senza incappare in contenziosi o, nel migliore dei casi, senza dover affrontare procedure tanto lunghe quanto inutili.
Basti vedere cosa accade per l’apprendistato: costa pochissimo, ma non sfonda.
Questo perchè chi oggi vuole assumere un giovane apprendista ha paura di dover affrontare un complesso reticolo di burocrazie e adempimenti; peraltro nel caso dell’apprendistato non è neanche vero, perchè il Testo Unico del 2011 ha molto semplificato la materia, ma il sistema ha ancora in mente le follie del decennio precedente e non si fida.
La prima e più importante misura di politica attiva del lavoro da adottare per incentivare il lavoro dei giovani dovrebbe, quindi, essere questa: una massiccia opera di semplificazione delle regole, che renda meno attraente il lavoro nero e irregolare.