La Corte di Cassazione riconosce la specialità della somministrazione

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Filippo Chiappi

La  Corte di Cassazione, con sentenza n. 6152 del 14 marzo 2018 , ha accertato la legittimità di un  contratto di somministrazione prorogato per sei volte, in ragione della sussistenza delle esigenze di carattere produttivo legate all’incremento dell’attività lavorativa a seguito di un ordinativo commerciale. La Suprema Corte, in particolare, ha chiarito che ” – come si evince dalla direttiva 2008/104/CE – l’impiego tramite agenzia interinale non è considerato pericoloso, essendo apprezzato come forma di impiego flessibile, in quanto può concorrere “efficacemente alla creazione di posti di lavoro e allo sviluppo di forme di lavoro. In specie, anche se, per alcuni aspetti, il contratto di lavoro somministrato può essere accostato, sotto il profilo funzionale, al contratto a tempo determinato, essendo entrambi strumenti obiettivamente alternativi di acquisizione, diretta e indiretta, di prestazioni lavorative temporanee, il primo si distingue tuttavia in modo chiaro dal secondo. Ed infatti, il contratto di somministrazione è un contratto commerciale tipico, collegato funzionalmente al contratto di lavoro somministrato stipulato dal lavoratore con l’agenzia di somministrazione, con il coinvolgimento pertanto di tre soggetti (anziché due). Essi poi rispondono a finalità diverse, come si evince dalla Direttiva 2008/14/CE, relativa al lavoro tramite agenzia interinale e recepita con il d.lg. 24/2012, che, a differenza della Direttiva 1999/70/CE, non pone l’obiettivo della prevenzione dell’abuso del ricorso alla somministrazione. E ciò perché l’impiego tramite l’agenzia interinale non è considerato pericoloso, essendo apprezzato come forma di impiego flessibile, in quanto può concorrere “efficacemente alla creazione di posti di lavoro e allo sviluppo di forme di lavoro flessibili” (art.2).
La Direttiva impegna anzi gli Stati membri ad un “riesame delle restrizioni e divieti”, che limitano il ricorso alla somministrazione (art. 4), presenti negli ordinamenti nazionali e che possono essere giustificati “soltanto da ragioni d’interesse generale che investono in particolare la tutela dei lavoratori tramite agenzia interinale, le prescrizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro o la necessità di garantire il buon funzionamento del mercato del lavoro e la prevenzione di abusi”. Sicché, in linea con i suddetti tratti identificativi del contratto di somministrazione come innanzi definiti, alle ragioni indicate nell’art. 20, quarto comma d.lg. 276/2003 è stato attribuito il significato di presupposti giustificativi oggettivi ed effettivamente sussistenti, nella distinzione di significato e ratio delle norme relative al contratto a termine da quelle relative alla somministrazione, non richiedendo che l’enunciazione delle ragioni risponda a quel livello di dettaglio proprio del primo tipo di contratto”
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La Sentenza, però non deve essere oggetto di un potenziale cattivo utilizzo dell’istituto, e spingere le aziende e le APL ad adottare letture eccessivamente “estensive” di alcuni limiti (es la durata massima) che devono comunque essere rispettati. Anche perché se un utilizzatore ha bisogno della somministrazione per un periodo molto lungo, esiste già uno strumento adeguato: si chiama staff leasing.

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