Filippo Chiappi
Rispetto all’universo degli interventi occupazionali previsti dal 2015 al 2017, cosiddetti a pioggia e temporanei, dal 2018 diventano strutturali gli incentivi per agevolare l’assunzione di giovani.
L’obiettivo dichiarato del legislatore è quello di promuovere l’occupazione giovanile stabile, riconoscendo pertanto ai datori di lavoro privati – su tutto il territorio nazionale – che a decorrere dal 1° gennaio 2018, assumono lavoratori con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a tutele crescenti (sia a tempo parziale che pieno), per un periodo massimo di 36 mesi,
– l’esonero dal versamento del 50% dei complessivi contributi previdenziali a loro carico, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL ;
– nel limite massimo di importo pari a 3.000 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile (da riproporzionare nel caso di part-time).
Queste norme sollevano alcuni dubbi applicativi.
Un primo aspetto decisivo di riflessione è legato all’età anagrafica dei soggetti da assumere: l’incentivo spetta, infatti, con riferimento ai soggetti che, alla data della prima assunzione incentivata non abbiano compiuto il 30° anno di età e non siano stati occupati a tempo indeterminato con il medesimo o con altro datore di lavoro, fatte salve la fattispecie ove il lavoratore, per la cui assunzione a tempo indeterminato è stato parzialmente fruito l’esonero, sia nuovamente assunto a tempo indeterminato da altri datori di lavoro privati. In tali casi il beneficio è riconosciuto agli stessi datori per il periodo residuo utile alla piena fruizione, indipendentemente dall’età anagrafica del lavoratore alla data delle nuove assunzioni.
La misura è rivolta in modo limitato ai soli lavoratori che non possono vantare alcun rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Si tratta di un requisito molto restrittivo, accentuato dalla circostanza che dal 2019 il requisito anagrafico per accedere al beneficio si attesterà sui 30 anni, limitando ancor di più il perimetro di efficacia. La nebulosità si accentua con riferimento alla plausibile difficoltà per i datori di lavoro di entrare in possesso di informazioni inerenti ai pregressi rapporti di lavoro.
Si auspica che la Banca dati AnpaL, entri in funzione quanto prima, in modo regolare ed esaustivo, tenuto altresì conto, che l’informatizzazione della storicità occupazionale dell’assumendo decorre dal 2007, restando non documentabili o difficilmente giustificabili i perirodi ante. Sarà suffciente un’autocertrificazione?
Nell’alveo dei requisiti soggettivi ricordiamo come non siano ostativi al riconoscimento dell’esonero gli eventuali periodi di apprendistato svolti presso un altro datore di lavoro e non proseguiti in ordinario rapporto a tempo. Le limitazioni e le difficoltà perimetrali si acuiscono in relazione la fatto che l’esonero (50%) si applica, per un periodo massimo di 12 mesi, fermo restando il limite massimo di importo pari a 3.000 euro su base annua, anche nei casi di prosecuzione, successiva al 31 dicembre 2017, di un contratto di apprendistato in rapporto a tempo indeterminato. Cio’, tuttavia, a condizione che il lavoratore non abbia compiuto il 30°anno di età alla data della prosecuzione. In tal caso, l’esonero è applicato a decorrere dal primo mese successivo a quello di scadenza del beneficio contributivo previsto dalla legge per i contratti di apprendistato – contribuzione apprendistato per i dodici mesi successivi alla qualificazione dell’apprendista – e la continuazione in un ordinario rapporto a tempo indeterminato (di cui all’art. 47, comma 7, d. lgs. 15 giugno 2015, n. 81).
Ulteriore analisi è quella riferita al caso di cui ai sensi dell’art. 1, comma 105, della legge n. 205/2017: il licenziamento per giustificato motivo oggettivo del lavoratore assunto con l’esonero o di un altro, impiegato nella medesima unità produttiva e inquadrato con la stessa qualifica del lavoratore assunto con l’esonero contributivo in oggetto, effettuato nei 6 mesi successivi alla predetta assunzione. Ha quale conseguenza la revoca dell’esonero e il recupero del beneficio già fruito. Ovvero, l’esonero contributivo spetta, altresì, ai datori di lavoro che, nei sei mesi precedenti l’assunzione, non abbiano proceduto a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo ovvero a licenziamenti collettivi, ai sensi della legge 23 luglio 1991, n. 223, nella medesima unita’ produttiva.
In caso di assunzione tramite staff leasing, come datore di lavoro si intende il Somministratore o l’Azienda Utilizzatrice?
La legge di Bilancio non parla di somministrazione. Utilizzando la dizione datori di lavoro privati, nulla osta all’estensione o comprensione delle Apl. Sarà opportuno che l’Inps inserisca anche a scopo di somministrazione al fine di evitare zone oscure. Premesso questo, sarà l’Inps a definire su chi ricade il divieto.
Oltre al rispetto della norma anti-licenziamento in merito alla quale si osserva che non rileva la mansione svolta dal lavoratore licenziato ma la qualifica, al datore di lavoro viene richiesto di essere in regola con quanto prescritto per l’accesso agli incentivi dall’art. 31 del D.lgs. n. 150 del 2015 oltre a poter vantare una posizione di regolarità contributiva secondo quanto previsto dall’art. 1, commi 1175 e 1176, della Legge n. 296/2006.
A chiudere la recente diatriba sulle tutele crescenti. La legge non a caso fa riferimento ad un’assunzione a tempo indeterminato a tutele crescenti. Partendo dal presupposto che le assunzioni decorrenti dal 2018 sono di per sé già a tutele crescenti, poiché post 7 marzo 2015, il Legislatore evidentemente ha voluto escludere dal beneficio quei lavoratori che al momento dell’assunzione impongono (poiché contrattualmente possibile) la non applicazione delle tutele crescenti ma quelle facenti capo all’art. 18 della legge 300/70. E’ anche vero che se la Corte Costituzionale dovesse decidere che il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, non sia costituzionalmente legittimo (perché non è costituzionale creare un discrimine tra coloro assunti prima e post 7 marzo 2015), i datori di lavoro sarebbero costretti a restituire gli esoneri all’Inps. Data questa riflessione storico-giuridica, si riscontra l’interpretazione fornita dall’Inps in occasione del Forum lavoro/fiscale organizzato dai consulenti del lavoro, secondo cui «il richiamo al contratto a tutele crescenti di cui al Dlgs 23/2015 deve intendersi in senso atecnico e limitato ai soli contratti a tempo indeterminato». La dottrina rilevante e maggioritaria decreta questa risposta frettolosa ed imprecisa