Smart Working, chi firma l’accordo in caso di somministrazione?

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Andrea Morzenti

Dopo oltre 400 giorni di gestazione parlamentare, il 10 maggio ha finalmente visto la luce la Legge con le tanto attese “misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”, ribattezzate fin da subito i) lo Statuto del lavoro autonomo, o il Jobs Act degli autonomi e ii) il lavoro (subordinato) agile, lo smartworking per chi ama l’inglese.

La Legge è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 13 giugno, legge n. 81/2017, ed è entrata in vigore il giorno successivo la sua pubblicazione.

Qui mi voglio soffermare sullo “smartworking in somministrazione”, cioè sulle modalità di svolgimento del lavoro agile nel rapporto di somministrazione di lavoro.

Poche parole però, prima, sulle caratteristiche dello smartworking in generale:

• È lavoro subordinato, non lavoro autonomo

• Non si tratta di una nuova forma contrattuale

• È una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti

• Non prevede vincoli di orario e di luogo di lavoro

• La prestazione lavorativa viene eseguita in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa

• Gli unici limiti sono quelli legali e contrattuali di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale

• Il datore di lavoro deve garantire la salute e la sicurezza del lavoratore

Fulcro ed elemento essenziale dello smartworking è quindi l’accordo individuale tra le parti, a termine o a tempo indeterminato, che:

1. Deve essere redatto in forma scritta

2. Disciplina l’esecuzione della prestazione lavorativa svolta all’esterno dei locali aziendali

3. Prevede le forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro

4. Disciplina l’esercizio del potere di controllo del datore di lavoro sulla prestazione resa all’esterno dei locali aziendali, nel rispetto dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori

5. Individua le condotte, all’esterno dei locali aziendali, che danno luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari

6. Descrive gli strumenti di lavoro utilizzati dal lavoratore

7. Individua i tempi di riposo del lavoratore e le misure necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche

Ora, assodato che, sulla base del principio di parità di trattamento economico e normativo, anche il lavoratore in somministrazione può certo accedere a forme di smartworking allo stesso modo cui accedono i lavoratori assunti direttamente dal datore di lavoro/utilizzatore, vorrei provare a dare una prima risposta alla domanda su quali sono le parti titolate a sottoscrivere l’accordo individuale, fulcro – come visto – del lavoro agile. O meglio, chi è la “controparte” del lavoratore in somministrazione: il somministratore (agenzia per il lavoro), datore di lavoro formale? L’utilizzatore, datore di lavoro sostanziale? Oppure entrambi i “datori di lavoro”?

A mio parere, moltissimi sono gli indici che portano a individuare l’utilizzatore quale controparte del lavoratore in somministrazione nella sottoscrizione dell’accordo individuale di smartworking.

Innanzitutto – semplicemente – perché si tratta, appunto, di un accordo, che quindi presuppone la volontà delle parti. E chi, se non l’utilizzatore, può volere e accordarsi con il lavoratore in somministrazione sulle modalità di esecuzione, che possiamo definire anche “modalità organizzative”, del rapporto di lavoro? Il rapporto di lavoro in somministrazione si esegue, infatti, a favore dell’utilizzatore, nel suo interesse ci dicono le norme. È quindi solo l’utilizzatore a poter definire con il lavoratore in somministrazione, così come coi propri dipendenti diretti, nuove e diverse modalità di esecuzione, in smartworking nel caso di specie, di tale rapporto di lavoro.

Moltissimi poi sono gli elementi, anche (ma non) solo letterali, a supporto di questa tesi:          

1. È l’utilizzatore, il datore di lavoro responsabile della salute e sicurezza dei lavoratori in somministrazione

2. Quando la normativa si riferisce ai locali aziendali, non può che riferirsi ai locali dell’utilizzatore

3. Il potere direttivo e il potere di controllo, nel rapporto di lavoro in somministrazione, sono esercitati dall’utilizzatore

4. Vero che il potere disciplinare è esercitato dal somministratore, ma sulla base del codice disciplinare dell’utilizzatore

5. Gli strumenti di lavoro sono nella disponibilità dell’utilizzatore

6. Le modalità di disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche sono attuate dall’utilizzatore

A supporto di questa tesi accorre anche, a mio parere, per analogia. la regolamentazione dello ius variandi (assegnazione a diverse mansioni, di livello superiore o inferiore) che, da sempre, le norme prevedono come esercitabile direttamente dall’utilizzatore, il quale è tenuto unicamente a darne comunicazione scritta al somministratore (art. 35, co. 5, d.lgs. n. 81/2015).

Concludo solo aggiungendo che l’accordo individuale di smartworking, sottoscritto tra utilizzatore e lavoratore in somministrazione, dovrà poi essere necessariamente trasmesso al somministratore per presa visione, per conoscenza, per permettere a quest’ultimo di assolvere al suo ruolo di datore di lavoro formale, primo fra tutti la corretta elaborazione della busta paga dei lavoratori in somministrazione.

 

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