Ricccardo Maraga
Il lavoratore che esprime aspre critiche nei confronti dell’azienda non può essere licenziato.
E’ quanto stabilito dalla Cassazione nella sentenza n. 996 del 17.01.2017.
La Corte reputa illegittimo il licenziamento per giusta causa di una dipendente che aveva denunciato il datore di lavoro alla Procura della Repubblica accusando l’azienda di truffa ai danni dello Stato per aver fatto uso massiccio di ammortizzatori sociali nonostante fosse in continua crescita economica.
Secondo la Cassazione, nell’ottica di un bilanciamento tra l’interesse dell’azienda e il diritto di cronaca e di manifestazione del pensiero della lavoratrice, la dipendente, nella denuncia, pur usando frasi forti, non ha superato i limiti della continenza sostanziale e formale e, dunque, il suo comportamento non può ritenersi lesivo dell’elemento fiduciario e non può legittimare un licenziamento.
In particolare i Giudici valorizzano il fatto che le critiche mosse dalla dipendente all’azienda fossero state oggetto di articoli giornalistici e che la lavoratrice, nel formulare le proprie accuse nella denuncia, non aveva di fatto superato quanto era già di dominio pubblico.
La Cassazione introduce due criteri per stabilire se il lavoratore possa essere tutelato dallo schermo del diritto di cronaca e di manifestazione del pensiero. Questi due criteri sono la continenza sostanziale, ovvero l’aver detto la verità, e la continenza formale, ovvero non aver usato toni e termini eccessivi.
Nel caso di specie, avendo la dipendente riportato quanto appreso dai giornali, la Cassazione ha giudicato il comportamento della lavoratrice rispettoso di entrambi i criteri e, dunque, ha dichiarato illegittimo il licenziamento per giusta causa, considerato lesivo e repressivo del diritto della collaboratrice a manifestare il proprio pensiero.
Passando dalla teoria ai fatti non si può, comunque, non notare come tale decisione produca una situazione concreta di estremo imbarazzo.
E’ evidente che, per il datore di lavoro, l’elemento fiduciario è completamente venuto meno e la consapevolezza che un proprio collaboratore abbia espresso aspre critiche in una denuncia per truffa costituisce un elemento di forte tensione relazionale nel luogo di lavoro.
Effettivamente la sentenza apre un fronte sull’aspetto fiduciario nel rapporto di lavoro tra dipendente ed azienda. Tuttavia in un contesto liquido nelle relazioni anche nell ambiente di lavoro ed il venire meno della autorevolezza sindacale ed allo scarso interesse in genere mostrato per investimenti sul clima interno e la diffusione di enti interni di tutela e garanzia credo che la Corte abbia privilegiato la tutela della libertà di pensiero. Una sentenza comunque con la quale fare i conti di ora in avanti