Il welfare aziendale è uno strumento cresciuto in maniera rapida e costante negli ultimi anni, non solo a causa della tendenziale riduzione del welfare pubblico.La diffusione di questo strumento è agevolata anche dalle caratteristiche di fondo che hanno reso particolarmente conveniente questo strumento.
Il welfare aziendale piace ai lavoratori perché consente di massimizzare il valore netto delle risorse che vengono stanziate dalle aziende, grazie al sostanziale azzeramento del prelievo fiscale e contributivo sui beni e servizi che vengono riconosciuti ai dipendenti. Se l’azienda mette a disposizione 100 euro per ogni dipendente, il valore che arriva in tasca al singolo è molto vicino a questa somma (al contrario di quanto accade con la retribuzione classica).
Il welfare aziendale piace molto anche alle imprese perché è facile da attivare, non essendo necessario né obbligatorio il passaggio sindacale, ma potendo essere attivato anche unilateralmente dall’azienda.
La legge di stabilità per il 2016 ha avuto il merito di aggiungere un ulteriore elemento di forza di questo strumento, cioè la possibilità di definire dei piani di welfare all’interno degli accordi sulla produttività, consentendo ai lavoratori di scegliere la fruizione dei pacchetti di beni e servizi rientranti nella nozione in alternativa al pagamento del premio produttività, senza perdere i benefici fiscali connessi.
Tali accordi sui premi di risultato peraltro, potranno essere attivati in maniera estremamente semplificata anche da parte delle imprese, anche quelle che non hanno un sistema di relazioni industriali consolidato, grazie alle intese di livello territoriale siglato sulla base dell’accordo quadro raggiunto nel mese di luglio scorso tra Confindustria e organizzazioni sindacali.
Questa novità ha consentito di rimuovere alcuni vincoli anacronistici, che impedivano alle parti sociali di gestire il welfare in maniera efficace, ma questo risultato è stato ottenute solo in parte: il welfare aziendale ha ancora un raggio di intervento molto limitato, se viene contrattato nell’ambito di accordi sindacali, perché i limiti che si applicano alla detassazione dei premi di risultato si trasformano in dei tetti al valore del piano di welfare che può essere fruito dai lavoratori.
Questo problema sembra destinato ad essere superato grazie alle ipotesi, allo studio in queste settimane da parte del Governo, di innalzare la soglia di reddito per l’applicazione degli incentivi sul premio produttività (che dovrebbe salire da 50 a 80 mila euro lordi l’anno).
Nel medio e lungo periodo, sarebbe utile anche riflettere sull’opportunità di continuare a mantenere confinato questi strumenti così importanti per le politiche del lavoro (il welfare aziendale e i premi di risultato) dentro il TUIR: forse è giunto il momento di provare a regolamentare questi istituti in maniera strutturale, adottando una legge organica che definisca le rispettive procedure di attivazione e gli ambiti di applicazione e il funzionamento di ciascun istituto.