Il patto di prova deve essere accettato dal dipendente per iscritto, a pena di invalidità dell’eventuale licenziamento intimato alla scadenza del relativo periodo, e non può essere prorogato in costanza di rapporto, essendo possibile definire la sua durata solo all’interno del contratto di assunzione.
Con questi principi di diritto la Corte di Cassazione (sentenza n. 16216/2016, depositata ieri) ha confermato le decisioni con le quali i giudici di merito avevano reintegrato sul posto di lavoro una lavoratrice licenziata durante il periodo di prova.
La particolarità della vicenda risiede nel fatto che il recesso non era stato intimato dalla Società durante il periodo di prova inizialmente concordato tra le parti, ma era intervenuto durante un periodo successivo, oggetto di una proposta di proroga sottoposta alla dipendente e da lei accettata verbalmente, ma mai sottoscritta in maniera formale.
La Corte esamina questo licenziamento sotto due diversi punti di vista: la possibilità di concordare la prova senza utilizzare la forma scritta, e la facoltà per le parti di prorogare l’accordo inserito nel contratto di assunzione.
Ad entrambe le questioni viene data risposta negativa, con argomenti differenti.
Quanto alla possibilità di concordare il patto di prova verbalmente, la Corte ricorda che – per giurisprudenza costante – per questo tipo di accordo la forma scritta è richiesta dall’art. 2096 del codice civile non solo ai fini di prova, ma anche ai fini di validità dell’atto (c.d. forma ad substantiam). Pertanto, è da escludere la possibilità di sopperire alla mancanza di forma scritta mediante strumenti equipollenti oppure sanatorie successive.
Nel caso esaminato dalla Corte, la dipendente si era limitata a preparare il documento che avrebbe dovuto regolare la proroga e lo aveva inviato via email al datore di lavoro, senza firmarlo: in mancanza della sottoscrizione, osserva la sentenza, nessun accordo può considerarsi raggiunto.
Interessante – anche se il tema viene affrontato solo incidentalmente e con motivazione molto succinta – anche la posizione che esprime la Corte in merito alla possibilità di prorogare il periodo di prova concordato al momento dell’assunzione.
La Corte rileva che, anche se tale proroga fosse stata siglata per iscritto dalla dipendente, il datore di lavoro non avrebbe comunque potuto recedere per mancato superamento della prova, una volta superato il periodo inizialmente concordato.
Ciò in quanto il patto di prova costituisce un elemento accidentale del contratto di lavoro, che non può produrre effetto se non è espressamente previsti dalle parti in tale documento.
Un accordo di proroga sarebbe firmato in un momento successivo all’instaurazione del rapporto di lavoro e, quindi, resterebbe per definizione fuori dal contratto inziale, non avendo alcuna efficacia in relazione alla durata del periodo di prova.
La sentenza ricorda, infine, che il licenziamento per mancato superamento della prova è valido solo qualora nel contratto di assunzione siano specificate le mansioni affidate al dipendente.
(Da Il Sole 24 Ore, 4 agosto 2016)