Fabrizio Marra de Scisciolo
Dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 143 del 21 giugno 2016 del DPR n.108 del 26 maggio 2016 che introduce lo Statuto dell’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro e l’annuncio via twitter della prima riunione del suo C.d.A., sembra finalmente avviato il nuovo sistema neo-centralistico dei servizi per il lavoro. La nuova Agenzia ha, come ormai noto, il compito di coordinamento, attivazione, proposta e monitoraggio delle politiche attive del lavoro mediante l’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni che dovranno essere garantiti dalle strutture territoriali regionali – Centri per l’impiego -, la costituzione del sistema informativo nazionale attraverso la messa in comune delle banche-dati nazionali e regionali, la creazione di un sistema di accreditamento nazionale degli operatori pubblici e privati e l’avvio dell’assegno di ricollocazione, nuova misura di sostegno al reddito, molto simile alla dote lombarda, ma, a differenza di questa, destinata soltanto ai percettori di NASPI (Nuovo assegno sociale per l’impiego) da almeno 4 mesi.
Tuttavia, per coloro che per studio, lavoro o necessità hanno quotidianamente a che fare con la ricerca di un posto di lavoro o con l’intermediazione e la ricollocazione di personale, la situazione a livello locale è purtroppo ancora “maculata”, alternandosi stati di confusione, immobilismo, frenesia ed efficienza da parte degli operatori pubblici e privati, che trovano difficoltà a far partire gli adempimenti basici, quali ad esempio la nuova dichiarazione di disponibilità e il patto di servizio personalizzato.
Un contributo alla normalizzazione delle diverse situazioni regionali è stato senza dubbio fornito dalle convenzioni transitorie ex art. 11 del d.lgs. 150/2015, tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e le singole regioni che, laddove sono state stipulate, hanno permesso, senza traumi apparenti, il passaggio alle competenze, funzioni e attribuzioni del nuovo sistema.
Analizzando alcuni casi regionali, già in un precedente articolo era stata annunciata la pubblicazione di un bando della Regione Toscana destinato ai disoccupati percettori di NASPI, residenti o domiciliati in un comune della Toscana, se cittadini non comunitari, in possesso di regolare permesso di soggiorno che consente attività lavorativa, che abbiano compiuto i 18 anni di età e posseggano un reddito ISEE inferiore a 50.000,01 euro. Tale bando, che ha un budget ad esaurimento di 3.900 mila euro, prevede il riconoscimento di un voucher formativo individuale di ricollocazione che varia in base alla tipologia di corso scelto (3mila euro per corso di qualifica, 450 euro per certificazione di unità competenze e 250 euro per corsi dovuti per legge), al termine del quale può seguire un servizio di tutoraggio e assistenza alla ricerca intensiva di una nuova occupazione, mediante il riconoscimento di un assegno di assistenza alla ricollocazione. L’iter posto a carico del disoccupato rispecchia quello previsto dalle disposizioni del d. lgs. 150/2015, visto che è stabilito che il medesimo si rechi presso il Centro per l’impiego con il quale ha stipulato il patto di servizio personalizzato e faccia richiesta dell’assegno di ricollocazione, che sarà commisurato graduato al proprio profilo personale di occupabilità. I servizi saranno garantiti dal Centro per l’impiego o dal soggetto privato accreditato per lo svolgimento dei servizi per il lavoro sul territorio della Regione Toscana, sulla base del Regolamento n. 47/R del 2003, di esecuzione degli artt. 135 e seguenti della Legge regionale n. 32/2002. Una particolarità è data dal fatto che la Regione Toscana individuerà i soggetti accreditati mediante l’adozione di una procedura di evidenza pubblica, sulla scorta di un orientamento che, grazie alle indicazioni dell’ANAC (Autorità nazionale anticorruzione), vede l’applicazione sempre più frequente del codice degli appalti ogni qualvolta si parli di affidamenti a enti privati che riguardino la formazione, in ragione dello scopo pubblicistico di tale materia.
La Regione Liguria ha previsto, nell’accordo con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ai sensi dell’art.11, comma 4 del decreto legislativo n. 150/2015, la possibilità di stipulare apposite convenzioni con la città metropolitana di Genova e con gli enti di area vasta per disciplinare i criteri e le modalità di utilizzo del personale impiegato nei servizi per l’impiego e per il collocamento mirato attribuendogli nel contempo la gestione in via transitoria dei CPI. Sempre in via transitoria, la Regione Liguria, ha previsto l’attivazione di un sistema di accreditamento dei servizi al lavoro, che prevede il coinvolgimento dei soggetti accreditati ai sensi dell’articolo 12 del medesimo d.lgs. 150/2015 svolgerà i compiti, le funzioni e gli obblighi in materia di politiche attive del lavoro. I soggetti privati accreditati potranno così svolgere le loro attività sulla base dei principi del d. lgs. 150/2015 e con le modalità operative definite dalla Giunta regionale in base alla Legge regionale n.30/2008 e s.m.i. Nel frattempo, è stata avviata un’iniziativa realizzata dalla Regione Liguria e denominata “MiAttivo” che anticipa in qualche modo l’attuazione degli articoli 20 e 21 del D. Lgs. 150/2015, avviando un nuovo servizio on line per la registrazione ai CPI per l’accesso ai servizi di politica attiva del lavoro, a seguito della quale il cittadino viene convocato via e-mail e sms per la stipula del Patto di Servizio Personalizzato e la presa in carico. Ovviamente i disoccupati che intendono beneficiare di prestazioni sociali, quali l’ASPI, la NASPI, la DIS COLL, l’ASDI e la mobilità, sono tenuti a presentare una richiesta all’INPS, che vale come dichiarazione di disponibilità e dalla quale decorrono i 15 giorni per registrarsi al programma MiAttivo e quindi ottemperare al primo obbligo di attivazione previsti dall’art. 21, comma 2, del D. Lgs. 150/2015.
La Sardegna, invece, è stata la prima regione a formare personale tramite l’iniziativa del programma Garanzia Giovani e, pur se utilizza prevalentemente quale strumento di politica attiva la formazione, in particolare per i cassaintegrati, ha da tempo avviato un percorso di confronto con gli attori del mercato del lavoro europeo (in particolare Catalogna, Portogallo), finalizzato all’adozione di un modello di costituzione dei servizi per il lavoro che tenga conto, nel rispetto delle norme nazionali, delle peculiarità di un territorio che, a causa del tessuto imprenditoriale costituito da circa il 94 % piccole imprese, non favorisce la costituzione di un sistema pubblico-privato né di tipo cooperativo, né di tipo concorrenziale, ma soprattutto non sembra appetibile per gli operatori privati multinazionali.
Situazione diversa si è creata in Piemonte, dove con Deliberazione della Giunta Regionale 9 dicembre 2015, n. 29-2566, è stata approvata la convenzione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali per la gestione dei servizi per l’impiego e delle politiche attive del lavoro.
Con tale accordo, la Regione conserva le competenze in materia identificazione della strategia regionale per l’occupazione, di accreditamento degli enti di formazione, d’interventi per l’occupabilità dei disabili, ma soprattutto i compiti e le attività ex art. 18 del d.lgs. 150/2015, che saranno transitoriamente realizzate in forma integrata, sia con i CPI – ai quali assegnerà con apposite convenzioni della città metropolitana di Torino e gli enti di vasta area il personale impiegato per i servizi dell’impiego – sia con i soggetti accreditati ai sensi dell’art. 21 della legge regionale 34/2008, della DGR n. 30- 4008 del 11 giugno 2012.
E’ stato anche approvato con DGR n. 203037 del 14 marzo 2016 un Piano pluriennale di Politica Attiva a valere sulle risorse finanziare del PON FESR 2014-2020 che, in linea con il Programma europeo Garanzia Giovani, prevede l’avvio di iniziative di politica attiva indirizzate a differenti destinatari.
In attesa di conoscerne i bandi, è stato di recente stipulato un accordo con l’associazione datoriale delle Agenzie per il lavoro e le OO.SS. di settore che prevede l’avvio di un progetto sperimentale di durata fino al 31 dicembre 2016 che ha ad oggetto degli interventi volti a coniugare le misure previste dalla contrattazione collettiva di settore e garantiti da Forma.Temp (ente bilaterale che eroga formazione e misure di sostegno al reddito) e le misure regionali, realizzando così quella collaborazione pubblico/privato su specifiche iniziative destinate a particolari categorie di lavoratori (giovani tra i 29 e i 35 anni privi di lavoro e lavoratori coinvolti da situazione di crisi aziendale, territoriale o settoriale). Questa iniziativa, pur se lodevole nelle intenzioni, sembra essersi data un “respiro” temporale troppo corto che non consente di valutarne i risultati in maniera tangibili.
In conclusione, mentre le Regioni proseguono il loro percorso di avvicinamento al nuovo sistema neo-centralistico di gestione dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, sembra che per il funzionamento a pieno regime dell’ANPAL si dovrà attendere l’approvazione dello schema di decreto legislativo correttivo del Jobs act (A.G. n. 311), attualmente al vaglio delle Commissioni parlamentari, che interverrà sicuramente su alcune disposizioni del d.lgs. 150/2015 non proprio funzionali, anche se all’orizzonte incombe il test referendario autunnale che potrebbe mettere in discussione di nuovo tutto l’impianto finora costruito.