Dimissioni telematiche: per il pubblico impiego in arrivo l’esenzione 

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La procedura di comunicazione telematica delle dimissioni e delle risoluzioni consensuali è obbligatoria solo per i dipendenti privati, mentre non si applica ai rapporti di lavoro con le pubbliche amministrazioni: lo stabilisce una norma (art. 6, comma 3) contenuta nel decreto correttivo del Jobs Act approvato dal Consiglio dei Ministri venerdì scorso, e in attesa di essereapprovato in via definitiva dopo il passaggio parlamentare.

La norma risolve una questione interpretativa sorta all’indomani dell’entrata in vigore dell’art. 26 del d.lgs. n. 150/2015, che ha introdotto una nuova procedura obbligatoria per la presentazione delle dimissioni e delle risoluzioni consensuali. Sulla base di tale procedura, le dimissioni sono valide solo se il lavoratore, da solo o mediante l’ausilio di una struttura abilitata, comunica su un apposito sito del Ministero del lavoro la propria intenzione di recedere dal rapporto.La legge istitutiva di questa controversa procedura, nella versione antecedente al correttivo appena approvato, esonerava solo alcune tipologie di rapporti esentati dall’obbligo di seguire la comunicazione telematica; considerato che il pubblico impiego non veniva contemplato nell’elenco delle esclusioni, molti commentatori avevano sollevato il dubbio che la procedura valesse anche per le amministrazioni.

Il Ministero del lavoro (prima con la circolare n. 12/2016, poi con le risposte alle FAQ pubblicate sul sito http://www.cliclavoro.gov.it) ha sostenuto una posizione diversa, evidenziando che la procedura non sarebbe applicabile al lavoro pubblico in quanto il fenomeno delle dimissioni in bianco non sarebbe presente in tale settore; questa lettura era molto originale ma non si fondava su alcuna norma di legge.

L’entrata in vigore della norma correttiva risolve la questione, dando un fondamento normativo solido a tale lettura, chiarendo l’inapplicabilità sia della procedura telematica, sia della regola dà diritto al lavoratore di revocare le dimissioni (o il consenso prestato alla risoluzione consensuale) entro 7 giorni dalla comunicazione: le dimissioni potranno continuare ad essere rassegnate in forma semplice, seguendo soltanto le norme del codice civile e quelle eventualmente fissate dalla contrattazione collettiva di riferimento.

Da notare che l’esclusione della procedura vale soltanto per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche statali e locali rientranti nell’articolo 1, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001 (il testo unico sul pubblico impiego); questo significa che la procedura telematica dovrà, invece, essere obbligatoriamente seguita per i lavoratori delle imprese che operano in regime di diritto privato, pur avendo un azionista pubblica, come ad esempio le aziende municipalizzate.

La procedura telematica – secondo quanto previsto dal d.lgs. n 150/2015 – non si applica neanche per le dimissioni e le risoluzioni consensuale convalidate presso alcune delle sedi “protette, per i rapporti di lavoro domestico e per gli atti compiuti dalla lavoratrice e dal lavoratore entro i primi tre anni di vita del bambino (in questo caso, continua ad applicarsi la procedura speciale di convalida prevista dal Testo Unico Maternità).

La circolare n. 12/2016 ha aggiunto altre fattispecie alla lista delle esclusioni, esonerando dalla procedura i rapporti di lavoro in prova e quelli di lavoro marittimo (in quanto il relativo rapporto di lavoro sarebbe regolato da una normativa esclusiva); non è da escludere che, nei prossimi mesi, siano necessari ulteriori chiarimenti in merito a fattispecie speciali (quali, ad esempio, il lavoro degli sportivi professionisti, soggetto alle regole speciali della legge 91/1981).

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