Con la risposta ad interpello n. 9/2015 pubblicata ieri, il Ministero del Lavoro fa il punto in merito al rapporto che intercorre tra il regime di responsabilità solidale negli appaltie la contrattazione collettiva. La questione esaminata dalMinistero riguarda la corretta interpretazione dell’art. 29, comma 2, D.Lgs. n. 276/2003, nella parte in cui prevede che la contrattazione collettiva nazionale possa derogare al regime della responsabilità solidale sussistente tra committente, appaltatore ed eventuali subappaltatori.
La legge Biagi sancisce un principio molto rigoroso: in caso di appalto di opere o di servizi, il committente è obbligato in solido con l’appaltatore, ma anche con ciascuno degli eventuali subappaltatori, entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, ed anche i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto (analoga responsabilità non sussisteinvece per le sanzioni civili, per le quali risponde solo l’autoredell’inadempimento).
La norma precisa che il principio si applica “salva diversa disposizione dei contratti collettivi nazionali”, assegnando quindi alle parti sociali la facoltà di derogare al regime di responsabilità solidale.
Oggetto dell’interpello riguarda l’individuazione deegli accordi collettivi titolati ad introdurre la deroga: deve trattarsi della contrattazione collettiva sottoscritta da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative del settore di appartenenza dell’appaltatore, oppure tale potere spetta al contratto collettivo applicato dalcommittente?
Il Ministero, prima di rispondere alla domanda, ricorda che l’art. 9, comma 1, D.L. n. 76/2013 (convertito con legge n. 99/2013) ha ristretto il potere derogatorio della contrattazione collettiva, stabilendo che le eventuali diverse disposizioni contenute negli accordi nazionali possano esplicare i propri effetti solo con riferimento ai trattamenti retributivi “con esclusione di qualsiasi effetto in relazione ai contributi previdenziali e assicurativi”.
Una volta fatta questa premessa, il Ministero evidenzia che l’istituto della responsabilità solidale costituisce una garanzia per i lavoratori impiegati nell’appalto, nella loro vesti didipendenti dell’appaltatore o del subappaltatore. Tenendo conto di questo aspetto, il Ministero considera conforme alla ratio della disposizione ritenere che siano titolati ad introdurre eventuali regimi derogatori i contratti collettivi applicati ai lavoratori in questione, e quindi quelli delle imprese appaltatrici, dovendo quindi escludersi la facoltà di intervento dei contratti applicati dai committenti.
Nell‘ambito delle norme collettive in materia di responsabilità solidale, precisa il Ministero, le organizzazioni datoriali e sindacali potranno individuare “metodi e procedure di controllo e di verifica della regolarità complessiva degli appalti”. Si tratta solo di una facoltà, ma il Ministero sembra sollecitare le parti sociali ad utilizzarla fino in fondo, spingendosi a chiarire che tali controlli dovrebbero essere utili a garantire l’assolvimento, da parte dell’appaltatore, degli obblighi retributivi nei confronti dei propri lavoratori, senza limitarsi a prevedere l’acquisizione delle relative autodichiarazioni rilasciate dai datori di lavori.
(G. Falasca Il Sole 24 Ore 18 aprile 2015)