Esonero contributivo, tutele crescenti e somministrazione di lavoro

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Mauro Soldera

Al di là dei numeri incerti mostrati dal mercato del lavoro, ci sono contesti in cui le recenti modifiche normative sul contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti e con esonero contributivo stanno stimolando nuove iniziative e proposte, accompagnate in alcune circostanze dalla riemersione di stereotipi errati.

Mi riferisco in particolare al comparto delle agenzie per il lavoro ed alle assunzioni che le stesse fanno allo scopo di dar seguito alle richieste dei propri clienti.

L’assunzione a tempo indeterminato a scopo di somministrazione non è una soluzione nuova; sono già diverse migliaia i lavoratori contrattualizzati in questo modo dalle agenzie per essere somministrati a termine o a tempo indeterminato.

Inevitabile probabilmente che il forte incentivo economico portato dalla Legge di Stabilità a favore di tutte le assunzioni a tempo indeterminato stimolasse nuovi ragionamenti rispetto ai modelli di somministrazione normalmente adottati, dominati almeno numericamente dalla stretta correlazione temporale tra la durata della somministrazione richiesta e la relativa assunzione.

A ciò si aggiungono – come si diceva all’inizio – le nuove regole sulle tutele crescenti che nascono dichiaratamente con l’intento distimolare il ricorso al contratto a tempo indeterminato, rendendo più certi e preventivabili i possibili effetti di un licenziamento dichiarato illegittimo.

L’effetto è il “fiorire” di dichiarazioni che annunciano iniziative di assunzioni a tempo indeterminato a scopo di somministrazione per diverse centinaia di unità ciascuna. Ben vengano.

Su questi passaggi – per quanto mi è stato possibile verificare – si stanno però innestando convinzioni propriamente errate e messaggi dal potenziale distorsivo.

Con le tutele crescenti il tempo indeterminato non è più un vero tempo indeterminato perché si può licenziare quando si vuole.

Considerazione generale e ben nota. E’ un fatto che i presupposti per operare un licenziamento legittimo sono rimasti gli stessi e che la illegittimità è comunque sanzionata.

Tanto per l’agenzia è più facile licenziare un lavoratore a tempo indeterminato.

Beh, non è vero. Non lo è perché, in generale, i presupposti per un licenziamento individuale legittimo sono gli stessi di ogni altro datore di lavoro. Mentre nel caso specifico del licenziamento per giustificato motivo oggettivo potrebbe essere ancora più gravoso per una agenzia dimostrare di aver correttamente, ma senza successo, adempiuto all’obbligo del “ripescaggio” (applicare il lavoratore a nuove attività), visto che il suo lavoro è proprio quello di operare nel mercato del lavoro.

Ma al di là dell’eguale – o addirittura maggiore – rischio di procedere ad un licenziamento, sarebbe fortemente distorsivo e controproducente il messaggio per cui un’agenzia (o addirittura il settore nel suo complesso) proceda ora all’assunzione a tempo indeterminato beneficiando dell’esonero contributivo prospettandosi e prospettando la possibilità di licenziare il lavoratore un secondo dopo la cessazione del contratto di somministrazione.

La somministrazione di lavoro, ancor più se accompagnata da un’assunzione a tempo indeterminato, porta con sé i presupposti di quel modello di flexicurity di cui tanto si parla e che le politiche del lavoro italiano da anni tentano di importare da Paesi più virtuosi su questi temi.

Ma un elemento essenziale di questo modello, calato sulla specifica realtà del lavoro tramite agenzia, passa dal momento in cui il contratto di somministrazione finisce ed il lavoratore ha la necessità di essere                                      ricollocato. Se le agenzie rinunciano a questa funzione vanno incontro al rischio di perdere una credibilità faticosamente conquistata in questi anni. Ma, ancora di più, rinunciano all’occasione stimolata dalle nuove norme di dimostrare con numeri ancora più consistenti la propria capacità di fare quanto il pubblico non si dimostra in grado di fare: operare con efficienza ed efficacia nel mercato del lavoro, occupandosi di ogni lavoratore che termina un’esperienza professionale.

Ciò vale indipendentemente da quanto oggi prevede il contratto collettivo di settore, che, rispetto agli assunti a tempo indeterminato, esclude la possibilità di un licenziamento consequenziale alla cessazione del contratto di somministrazione ed anzi obbliga ad un confronto sindacale specifico allo scopo di favorire riqualificazione e ricollocazione del lavoratore.

Ma al di là di questi ragionamenti più o meno sofisticati, davvero il cliente di un servizio di somministrazione dovrebbe sentirsi confortato di contrattare con chi gli dica: assumiamo a tempo indeterminato per avere gli sgravi tanto non ti preoccupare che quando terminerà il contratto ci penseremo noi a licenziare (in barba tra l’altro al contratto collettivo)??

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