Filippo Chiappi
A dare il via libera all’operazione di monetizzazione del Tfr è il dpcm n. 29/2015, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 65 di ieri e che entrerà in vigore il 3 aprile.
Da quando è possibile fare domanda
Ovviamente, da Aprile 2015. Per chi fa domanda ad Aprile, l’erogazione della Quir (quota integrativa della retribuzione, cioè la quota mensile di Tfr maturando) scatterà a maggio e resterà irrevocabile fino al mese di giugno 2018 od in quello in cui si verifica la risoluzione del rapporto di lavoro, se antecedente. Il datore di lavoro subisce l’esercizio del diritto di scelta, poiché è un diritto potestativo unilaterale del lavoratore, e quindi si riverbera automaticamente sulla sfera giuridica dell’imprenditore senza che quest’ultimo possa fare qualcosa. Dovranno invece aspettare fino ad agosto per la prima liquidazione i dipendenti delle piccole aziende (meno di 50 addetti) che accedono al finanziamento assistito da garanzia.
Ambito Operativo
I datori di lavoro interessati sono quelli privati, rimanendo fuori quelli del pubblico impiego. Il decreto fissa l’ambito operativo, dando diritto di accedere alla liquidazione mensile del Tfr (definita Quir) a tutti i lavoratori dipendenti del settore privato.
Esclusioni
Vengono esclusi le seguenti categorie: domestici; lavoratori del settore agricolo; lavoratori dipendenti per i quali la legge ovvero il contratto collettivo nazionale di lavoro, anche mediante il rinvio alla contrattazione di secondo livello, prevede la corresponsione periodica del Tfr o l’accantonamento presso soggetti terzi; dipendenti da datori di lavoro sottoposti a procedure concorsuali; dipendenti da datori di lavoro che abbiano iscritto nel registro delle imprese un accordo di ristrutturazione dei debiti o un piano di risanamento; dipendenti da datori autorizzati alla cassa integrazione guadagni straordinaria o in deroga (per i dipendenti in forza all’unità produttiva interessata); lavoratori dipendenti da datori di lavoro che abbiano sottoscritto un accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti.
L’Opzione ed i Requisiti.
L’opzione per la Quir può essere esercitata dai lavoratori dipendenti del settore privato (titolari, cioè, di un contratto di lavoro subordinato, ex articolo 2094 del codice civile) con diritto alla maturazione del Tfr in possesso di anzianità aziendale di almeno sei mesi con lo stesso datore di lavoro, misurata dalla durata del rapporto di lavoro, e che non abbiano vincolato o ceduto il TFR a garanzia di contratti di prestito (pignoramenti, sequesto cautelativo conservativo, cessioni del quinto)
Una sorta di anzianità di rapporto pari a sei mesi, prima di poter esercitare l’opzione, che deve riguardare comunque un periodo ininterrotto poiché, per l’appunto, la norma precisa che il rapporto di lavoro deve essere in essere da almeno sei mesi, escludendo di conseguenza cumuli di rapporto facenti capo a datori di lavoro diversi. La norma ed il diritto si applica a tutti i lavoratori a tempo indeterminato ed a quelli a termine, senza alcuna distinzione, purchè abbiano maturato quel requisito di anzianità, pari a sei mesi. Non ci sono distinzioni nemmeno innanzi alla articolazione dell’orario di lavoro, quindi si estende ai lavoratori part-time o full time. Tale diritto di opzione si estende anche ai lavoratori subordinati in regime di somministrazione, all’apprendistato, al lavoro intermittente e così anche per il lavoro ripartito. Non rientrano nessuna delle fattispecie diverse dal lavoro subordinato, quindi parasubordinati, autonomi, co.co.co., co.co.pro, e così via.
L’opzione è effettuata direttamente al proprio datore di lavoro, con la presentazione di apposita istanza debitamente compilata e validamente sottoscritta, da redigere in base al modello allegato al dpcm. E’ una scelta individuale su base volontaria e facoltativa del lavoratore dipendente. Non dobbiamo far riferimento ad alcun intervento previsionale ed istitutivo della contrattazione collettiva. Pertanto, se il lavoratore non esprime alcuna volontà, tutto rimane inalterato. Non è come la previdenza complementare dove il silenzio – assenso determina l’adesione automatica al fondo di previdenza complementare.
Per chi è iscritto ai fondi pensione.
L’eventuale iscrizione alla previdenza integrativa, in forma esplicita oppure in forma implicita, non è ostativa alla richiesta della Quir. In tal caso, precisa il decreto, durante il periodo di validità della richiesta di Quir, la partecipazione del lavoratore al fondo pensione prosegue, pur senza il versamento del Tfr, sulla base soltanto del pagamento dei contributi da parte dello stesso lavoratore e del datore di lavoro.
La validità della richiesta.
Una volta fatta, la richiesta per la Quir non è più revocabile. Ciò significa che il lavoratore non potrà avere ripensamenti fino al 30 giugno 2018 salvo il caso, ovviamente, di risoluzione del rapporto di lavoro (dimissioni, licenziamento, ecc.).
Lo stop alla Quir
La liquidazione della Quir è invece interrotta a partire dal mese successivo di insorgenza di una delle seguenti condizioni e per l’intero periodo di sussistenza: sottoscrizione nel registro delle imprese di un accordo di ristrutturazione dei debiti; iscrizione nel predetto registro di piano di risanamento; autorizzazione ad interventi di integrazione salariale straordinaria e in deroga; sottoscrizione di accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti.
Liquidazioni da maggio
Il decreto stabilisce che la richiesta di Quir è «efficace e l’erogazione è operativa a partire dal mese successivo a quello di formalizzazione dell’istanza». La regola vale per tutte le aziende e determina un’operatività del Tfr in busta paga a partire da maggio fino a giugno 2018. Posto, infatti, che il decreto entra in vigore il 3 aprile, è soltanto dal mese di Aprile 2015 che i lavoratori potranno validamente presentare le richieste ai datori di lavoro, a valere sulle competenze di Maggio. Dal momento che non è presente alcuna scadenza per l’opzione, è lecito presumere che la scelta possa essere fatta anche successivamente al mese di aprile, fermo restando il termine ultimo di validità della stessa fissato al 30 giugno 2018. Resta inteso, come già detto, che durante tale periodo, è sospesa l’eventuale corresponsione del Tfr ai fondi di Previdenza Complementare od al Fondo Tesoreria Inps.
Tassazione piena
Il decreto, ancora, conferma che la Quir è assoggettata a tassazione ordinaria e che non sono dovuti i contributi previdenziali. Precisa, infine, che la Quir non rileva ai fini del calcolo della tassazione separata e che non rileva neppure ai fini della verifica dei limiti di reddito complessivo per l’applicazione dell’ulteriore detrazione fiscale di 960 euro per chi è in possesso di un reddito non superiore a 24mila euro (Bonus Renzi).
Per quanto sopra, la Quir sarà ovviamente concorrente al reddito complessivo Irpef rilevante per qualsiasi altro istituto come ad esempio l’applicazione delle detrazioni e delle deduzioni nonché anche ai fini dell’assegno nucleo familiare (cumulo con il reddito corrente del periodo con maggiore imposizione fiscale ai fini irpef e delle addizionali; base di calcolo per reddito ai fini Anf, quindi maggior reddito con riduzione dell’Anf; base di calcolo per le detrazioni con conseguente riduzioni delle detrazioni per lavoro dipendente e familiari a carico; maggiore reddito ai fine Isee).
Alcuni aspetti giuslavoristici da chiarire.
Nel TFR in busta paga, il legislatore, per come ha scritto la norma e per come si esprime il dpcm, non offre spazio alla possibilità di azzerare questa opzione e quindi poterla riesercitare prima del 30 giugno 2018. Per cui il problema grosso potrebbe nascere quando il lavoratore cambia datore di lavoro. Poniamo che esercita tale diritto di opzione già ad aprile 2015 sull’attuale datore di lavoro. Tale lavoratore vedrà cessare il rapporto di lavoro prima del giugno 2018: sarà opportuno chiedersi che cosa accadrà al nuovo datore di lavoro. Abbiamo una premessa di fondo, già citata: il datore di lavoro subisce l’esercizio del diritto di scelta, poiché è un diritto potestativo unilaterale del lavoratore. Che cosa succede al secondo datore di lavoro? Fin dal primo mese del nuovo rapporto, sarà tenuto, sarà obbligato, ad erogare in busta paga il trattamento di fine rapporto oppure no?
Questa è una tematica tutta da esplorare nella speranza che eventuali circolari Ministeriali, Inps, o Agenzia delle Entratepossano fare chiarezza in modo incontrovertibile. La dottrina maggioritaria sta sviluppando una tesi per cui l’opzione è sicuramente irrevocabile in caso di cambio del datore di lavoro. Non va più riproposta da parte dei lavoratori nei rapporti successivi (forse sarà sufficiente consegnare copia del modulo di richiesta – Quir – controfirmato dal precedente datore di lavoro), solo che il datore di lavoro che segue, cioè il secondo, il terzo e così via, non dovrà subire questa scelta dal primo mese del nuovo rapporto di lavoro ma dal settimo mese. Perché, comunque, c’è il requisito dell’anzianità da rispettare, per cui il lavoratore per poter esercitare l’opzione deve avere comunque sei mesi di rapporto di lavoro con il medesimo datore di lavoro.