Le psicologhe che esercitano la libera professione e, contemporaneamente, intrattengono un rapporto di consulenza a tempo indeterminato con l’ASL, non possono vedersi negato il diritto al godimento dell’indennità di maternità, sulla base del presunto divieto di cumulo tra le somme pagate dalla ASL medesima in caso di maternità e quelle dovute dall’ente di previdenza (Enpap) per lo stesso evento.
Con questa decisione, il Tribunale di Torino (5 dicembre 2014, rel. Mancinelli) ha esteso in maniera rilevante la tutela economica spettante, in caso di maternità, alle psicologhe che esercitano la libera professione e, allo stesso tempo, hanno un rapporto di consulenza (sempre su base libero professionale) con una Asl.
Il Testo Unico Maternità prevede in favore delle lavoratrici il diritto al godimento di un’indennità di maternità, di importo pari all’80% dei cinque dodicesimi del reddito percepito e denunciato ai fini fiscali dalla professionista nel secondo anno precedente a quello della domanda; questa indennità è pagata dai contributi degli iscritti all’ente di previdenza di settore, in proporzionale reddito professionale complessivo dichiarato.
La legge fissa, tuttavia, un divieto di cumulo di tale trattamento con altre indennità aventi analoga funzione. Come previsto dal TU Maternità, e ribadito dal Regolamento Enpap, il diritto al trattamento di maternità è escluso in presenza di analoghe prestazioni percepite in qualità di lavoratrice dipendente, autonoma, imprenditrice agricola, artigiana e commerciante; se la psicologa svolge un lavoro part-time, l’ente – sulla base della normativa interna – integra la prestazione percepita, fino alla concorrenza della misura minima che spetterebbe in assenza di trattamenti ulteriori.
Il divieto di cumulo, secondo il Tribunale di Torino, non può applicarsi alle lavoratrici che hanno una convenzione di natura libero professionale con le ASL, in quanto tale divieto è applicabile solo verso i rapporti di lavoro subordinato: in tale categoria non rientrano certamente le psicologhe professioniste. L’attività svolta in regime di convenzione costituisce, infatti, a tutti gli effetti attività di esercizio della libera professione di psicologa, pur nell’ambito di un rapporto di collaborazione continuativo con la struttura sanitaria.
Sulla base di questa ricostruzione, il Tribunale esclude che possa far scattare il divieto di cumulo il fatto che per queste professioniste esista una disciplina (accordo collettivo nazionale per i medici specialisti ambulatoriali che, art. 37) che riconosce allo specialista ambulatoriale e al professionista, a tempo indeterminato, che si assenta dal servizio per gravidanza, il diritto al godimento del compenso per periodo massimo complessivo di 14 settimane.
Tale erogazione, osserva ancora la sentenza, è diversa dall’indennità di maternità (e quindi non fa scattare il divieto di cumulo) in quanto ha contenuto, natura e modalità di determinazione diversi, non provenendo da ente previdenziale a cui è iscritta la professionista, non essendo rapportata al reddito libero professionale complessivo ma solo al corrispettivo della prestazione, ed essendo limitata ad un arco temporale inferiore.
Queste somme, secondo la sentenza, rientrano tra quelle condizioni di maggior favore stabilite da leggi, regolamenti, contratti collettivi e da ogni altra disposizione, espressamente fatte salve dall’art. 1 comma 2 del D.Lgs. 151/2001, e non impediscono quindi il sorgere del diritto a percepire integralmente l’indennità di maternità dovuta alle libere professioniste iscritte all’Enpap.