Con l’approvazione definitiva del decreto sulle c.d. tutele crescenti si completa un percorso di riforma che potrebbe cambiare in maniera significativa le scelte delle aziende in materia di assunzioni, modificando in modo altrettanto rilevante le regole di entrata e di uscita dal lavoro subordinato a tempo indeterminato. Con l’approvazione definitiva del decreto di riforma dei licenziamenti, che sarà operativo tra pochi giorni con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, diventano infatti più chiare, più certe e meno costose le procedure di risoluzione dei rapporti di lavoro. La grande innovazione, finora troppo sottovalutata, contenuta nella nuova normativa consiste nella previsione di un risarcimento di importo prevedibile (2 mensilità) e crescente in funzione dell’anzianità (l’importo si moltiplica per ogni anno di lavoro, da un minimo di 4 sino a un massimo di 24) per i casi di illegittimità del licenziamento. Il passo in avanti rispetto alla normativa precedente, che prevedeva un’oscillazione discrezionale tra le 12 e le 24 mensilità, è molto rilevante. Altrettanto importante è la scelta di chiarire in maniera oggettiva i casi nei quali si applica la reintegrazione sul posto di lavoro, riducendo in misura importante l’incertezza giurisprudenziale. Sembra destinata ad avere un notevole impatto anche la scelta di estendere ai licenziamenti collettivi le nuove regole sul risarcimento certo e crescente; i tavoli negoziali che dovranno gestire le procedure di crisi avranno punti di riferimenti certi e oggettivi per la definizione dei piani di incentivazione all’esodo. La lunga lista delle innovazioni positive non può non includere anche la nuova procedura di conciliazione facoltativa, rapida, priva di formalità e ancorata a risarcimenti certi (anche qui) e detassati per le parti che decidono di non portare la lite in giudizio.
Il percorso delle tutele crescenti non si esaurisce con i licenziamenti, ma si regge anche sul potente incentivo occupazionale, entrato in vigore dal 1 gennaio scorso, che esonera dal pagamento dei contributi previdenziali (per un trienno) i datori di lavoro che assumono personale a tempo indeterminato nel 2015.
Grazie a questa norma, per la prima volta risulta più conveniente l’assunzione a tempo indeterminato (diretta oppure tramite agenzia per il lavoro) rispetto alle diverse forme di lavoro flessibile. Anzi, l’incentivo è costruito e pensato con regole che spingono le aziende ad utilizzare il bonus occupazionale innanzitutto per stabilizzare il lavoro flessibile (questo è l’effetto della norma che preclude l’incentivo per chi aveva già, nel semestre precedente, un rapporto a tempo indeterminato, dando di fatto la precedenza a chi già lavora ma con contratti diversi).
La sommatoria dei due interventi – bonus occupazionale e riforma dei licenziamenti – che compongono le “tutele crescenti”, quindi, potrebbe orientare in maniera decisa il mercato del lavoro verso le assunzioni a tempo indeterminato, rendendo anche molto conveniente la stabilizzazione del lavoro flessibile. Questa spinta potrebbe, tuttavia, essere attenuata da alcune incertezze che accompagnano la riforma.
Parliamo, in particolare, della distinzione tra “vecchi assunti”, che restano soggetti alle regole sui licenziamenti contenute nella legge Fornero, e “nuovi assunti”, che sono destinatari delle nuove disposizioni. Questa distinzione creerà una complessità gestionale non trascurabile, perchè si moltiplicheranno i “pacchetti” di norme applicabili in azienda, quanto meno sul tema dei licenziamenti; la duplicazione dei regimi si trascinerà fino al processo del lavoro, dove conviveranno procedure diverse.
La distinzione tra vecchi e nuovo assunti potrebbe anche frenare la mobilità professionale dei lavoratori, che rischiano di essere disincentivati al cambiamento di lavoro per non uscire dall’area di tutela del vecchio articolo 18.
La distinzione non impedirà invece di stabilizzare i lavoratori flessibili, in quanto il decreto approvato ieri precisa che se l’azienda conferma a tempo indeterminato un lavoratore a termine o un apprendista, il dipendente si considera come nuovo assunto, ai fini della normativa sui licenziamenti.
In ogni caso, c’è da sperare che i problemi e le possibili complicazioni connesse alla distinzione saranno risolti, nel medio periodo, con la scelta più logica: il superamento di ogni steccato tra vecchi e nuovi assunti e l’estensione a tutti i lavoratori delle nuove regole.