Torna l’idraulico polacco: la CGE vieta il dumping internazionale sui contratti collettivi

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I dipendenti di aziende straniere che operano in uno Stato Membro dell’Unione in regime di distacco internazionale devono ricevere un trattamento retributivo non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi nazionali di lavoro applicati nei paesi ospitanti.

La Corte di Giustizia Europea, con tale decisione (causa C-396/13) ricostruisce il significato della direttiva n. 96/71, che regola il distacco di lavoratori dipendenti da aziende straniere in uno Stato membro dell’Unione Europea.

Tale direttiva stabilisce che, in caso di distacco transnazionale (concetto che include anche le prestazioni rese per l’esecuzione di contratti di appalto e somministrazione), ai lavoratori stranieri devono essere applicate le tariffe minime salariali e le condizioni di lavoro e di occupazione previste dalla normativa legislativa o contrattuale dello Stato membro ospitante.

Il caso portato avanti alla Corte di Giustizia riguarda l’applicazione di tale principio nei confronti di una società polacca, che ha assunto, in Polonia e secondo il diritto polacco, 186 lavoratori, e poi li ha distaccati presso la sua succursale finlandese, per l’esecuzione di alcuni lavori di elettrificazione.

Questa società non ha erogato nei confronti dei lavoratori distaccati alcuni trattamenti retributivi minimi fissati dalla contrattazione collettiva finlandese, che avevano carattere più favorevole rispetto a quelli previsti dalla normativa di origine su molti aspetti (classificazione dei lavoratori, determinazione della retribuzione su base oraria o a cottimo, gratifica per ferie, indennità giornaliera, indennità per il tragitto, assunzione dei costi di alloggio).

I lavoratori hanno reagito instaurando – tramite il sindacato locale – un contenzioso, nel quale la società polacca si è difesa sostenendo sia la carenza di legittimazione ad agire del sindacato, sia l’inesistenza di un obbligo di applicare i trattamenti contenuti nel contratto collettivo finlandese.

La questione è stata devoluta dal giudice nazionale alla Corte di Giustizia Europea che, dopo aver riconosciuto la legittimazione ad agire del sindacato, ha ricordato che la direttiva comunitaria sul distacco garantisce ai lavoratori stranieri l’applicazione dei trattamenti minimi fissati dalla legislazione o dalla prassi nazionale dello Stato membro ospitante, su alcuni istituti quali le modalità di calcolo dei trattamenti retributivi. Se tali trattamenti sono fissati sulla base di norme vincolanti e trasparenti, devono essere applicati nei confronti dei lavoratori distaccati.

Sulla base di questi criteri, la Corte ritiene doveroso il riconoscimento, nei confronti dei lavoratori polacchi, delle tariffe retributive previste dalla normativa collettiva finlandese, dell’indennità giornaliera destinata a compensare i disagi dovuti al distacco, dell’indennità per il tempo del tragitto giornaliero e della gratifica per ferie. Viene escluso, invece, l’obbligo di pagare i costi relativi all’alloggio dei lavoratori e dei buoni pasto, in quanto questi non sono considerati elementi del salario minimo.

 

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