Contributi arretrati per riqualificazione del rapporto di lavoro: omissione o evasione?

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Stefania Cordeddu

La Corte di Cassazione con la sentenza n.1476 del 27 gennaio 2015, chiarisce quale sanzione, tra omessa contribuzione e evasione contributiva, sia applicabile nel caso in cui il datore di lavoro abbia parzialmente mancato il versamento dei contributi previdenziali e assicurativi dovuti.

Per meglio comprendere il caso in esame la stessa Suprema Corte fa riferimento a una predente sentenza a sezioni unite, Cassazione n. 4808 del 7 marzo 2005, dove vengono precisati i limiti all’applicazione delle due fattispecie sanzionatorie. La Cassazione a Sezioni Unite ha, infatti, affermato che:

  • L’ evasione contributiva, sanzione più gravosa rispetto all’omissione contributiva, ha come connotato essenziale l’impossibilità di diretta rilevazione, da parte dell’ente previdenziale, dell’esistenza e dell’ammontare del credito contributivo vantato. La fattispecie di evasione contributiva si verifica solo quando le registrazioni o le denuncie obbligatorie sono omesse o non conformi al vero allo scopo specifico di non versare i contributi o i premi, occultando il rapporto di lavoro e le retribuzioni pagate;
  • Si configurerebbe, viceversa, l’omissione contributiva, tutte le volte in cui i relativi dati siano ricavabili dalle registrazioni obbligatorie, come libri paga e libri matricola. In pratica la fattispecie si configura quando il mancato pagamento da parte del datore di lavoro dei contributi dovuti è seguito, comunque, dalla presentazione delle denunce e delle registrazioni obbligatorie.

Se, quindi, il connotato essenziale della omissione contributiva è la possibilità di rilevazione da parte dell’Ente dell’esistenza della misura dei contributi non pagati, la diversa e più grave ipotesi ricorre quando e solo quando la rilevazione non sia possibile perché il credito non risulta da nessuna documentazione di provenienza del soggetto obbligato.

In conclusione la Suprema Corte con la sentenza n.1476 del 27 gennaio 2015, ritiene che nell’ipotesi di erronea qualificazione del rapporto di lavoro conseguente ad incertezza sulla sua natura, dipendente o autonomo, non vi è altra alternativa per il datore di lavoro, se non quella di denunciare il rapporto di lavoro così come qualificato dalle parti, restando esposto al pagamento delle sanzioni civili per omissione. Questo qualora in via amministrativa o giudiziale venga riconosciuto un rapporto diverso, per il quale sussiste l’obbligo del pagamento dei contributi o premi alle gestioni previdenziale ed assistenziali.

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