Cocopro, si va verso l’abrogazione?

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Nel primo decreto legislativo attuativo del JobsAct, accanto alla riforma dei licenziamenti, dovrebbe trovare posto anche la cancellazione del contratto di collaborazione a progetto.
Questa misura, nelle intenzioni del Governo, si pone in stretto collegamento con il nuovo contratto a tutele crescenti e con gli incentivi riconosciuti per le nuove assunzioni a partire dal prossimo primo gennaio. Il disegno è questo: cancellazione dei contratti a maggiore rischio di precarizzazione (come, appunto, le collaborazioni a progetto), da un lato, e riconoscimento di incentivi normativi ed economici – una maggiore flessibilità in uscita e un ridotto costo contributivo – in favore di chi stabilizza i lavoratori oggi impiegati con questi contratti, dall’altro lato.
Questo disegno, molto ambizioso, dovrà fare i conti con una realtà difficile da ignorare: nonostante gli incentivi sopra descritti, il passaggio dalla collaborazione a progetto al lavoro subordinato non è indolore e, soprattutto, non è privo di costi. Ci sono interi settori che, in caso di cancellazione immediata della collaborazione, rischierebbero di trasferirsi dalla sera alla mattina all’estero, in quanto non potrebbero sostenere un aumento, anche minimo, del costo del lavoro (è il caso, ad esempio dei call center, ma non solo).
Il Governo sembra intenzionato a tenere conto di queste specificità, stabilendo un periodo transitorio e, soprattutto, lasciando aperta la possibilità di continuare stipulare contratti di lavoro parasubordinato nei settori dove esiste una disciplina collettiva che consente l’utilizzo di tali rapporti.
L’intervento sul lavoro a progetto non è l’unica misura che troverà spazio nei decreti legislativi attuativi del JobsAct. Entro il prossimo mese di giugno, il Governo dovrà approvare quello che la legge delega chiama “Testo organico” sul lavoro flessibile.
La legge non fornisce indicazioni molto precise sulle linee guida che dovranno essere seguiti per la scritto di questo Testo organico, ma si limita a stabilire le finalità che dovranno essere perseguite (rafforzare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro dei soggetto in cerca di occupazione, rendere i contratti di lavoro maggiormente coerenti con le attuali esigenze del contesto produttivo nazionale e internazionale). Le misure previste sono altrettanto generiche: riordino di tutte le tipologie di lavoro flessibile, introduzione sperimentale del compenso orario minimo, semplificazione dei piccoli lavori, abrogazione di tutte le disposizioni che risultano incompatibili con il Testo organico.
Le modalità con cui saranno attuati questi criteri direttivi saranno decisive per la riuscita della riforma. Nell’attuale mercato del lavoro, infatti, nonostante esista una pletora quasi infinita di contratti, assistiamo a un paradosso: non viene adeguatamente tutelata la flessibilità buona (categoria che include tutti quei contratti che, pur essendo flessibili, garantiscono livelli di tutela adeguati ai lavoratori, come il lavoro a termine, la somministrazione e l’apprendistato), mentre i contratti che si prestano ad elusioni dilagano indisturbati.
Sarebbe importante che fosse seguito l’approccio della riforma approvata a marzo sul lavoro a termine, che ha avuto un impatto molto positivo sul mercato in quanto ha realmente semplificato le regole.

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