Mauro Soldera
L’Agenzia nazionale per l’occupazione è la vera rivoluzione del Jobs Act (F. Giubileo); oppure potrebbe essere la vera rivoluzione del Jobs Act.
Nessuna questione sul fatto che i nostri margini di miglioramento sulla fluidità del mercato del lavoro siano enormi, che questa fluidità sia necessaria ed abbia tante facce, che lo squilibrio tra politiche passive e attive in termini di investimento ed efficacia sia drammaticamente evidente, che il mestiere di realizzare buone politiche attive e buoni servizi al lavoro sia un mestiere difficile…
In questo sta l’importanza di trovare una soluzione ad una situazione evidentemente deficitaria; tanta importanza e tanto deficitaria, che si è anche disponibili ad etichettare come rivoluzionaria l’intenzione di istituire un soggetto che (semplicemente) ne stimoli e controlli il funzionamento.
Veniamo al punto che mi preme.
Proprio per conservare l’attenzione e la tensione su una sfida importante – anzi per alimentarle – non dobbiamo dimenticare la realtà ma anzi cercare di rimanerne immersi; non dimentichiamo le esperienze concrete e non facciamoci distrarre dalle discussioni di “alta” politica, dalle parole difficili dei testi (quasi) normativi, dalla gioiosa speranza nell’immaginare una soluzione che in fondo pare così semplice e a portata di mano per un problema tanto complesso.
La vera sfida e la vera rivoluzione sta in questo: per realizzare una cosa semplice dobbiamo affrontare un mondo difficile, che non sta nelle opinioni politiche, nè nella capacità di immaginare soluzioni o di scrivere un testo che le descriva. Sta nel riuscire, alla fine, ad incidere veramente nella realtà dei fatti, nei comportamenti e nell’organizzazione delle istituzioni, degli uffici e delle persone; tenendo a mente che questo non è il primo ma l’ennesimo tentativo.
Perché sono anni che le norme prevedono “sanzioni” per i beneficiari di sussidi che rifiutano proposte, che di “livelli essenziali” è piena la Riforma Fornero, che la Struttura di missione del Ministro Giovannini ha partorito una Garanzia Giovani drammaticamente impantanata (M. Tiraboschi e gli studi Adapt), che la partecipazione dei privati nei servizi è prevista da inizio secolo…
Non è per essere disfattisti, anzi il contrario. Per ricordare a tutti, Ministro e Governo in primo luogo se mai capiterà che mi leggano, che il loro compito non è finito finchè le cose concrete non succedono. Questa è la rivoluzione, questo è il vero cambiamento del Paese.
Dunque, in concreto, il progetto riportato nel testo di delega deve superare almeno cinque passaggi che l’esperienza ci obbliga a qualificare come vere e proprie sfide, (ho in mente queste, altri potranno senz’altro aggiungerne)
- Che la nuova Agenzia semplifichi realmente il contesto istituzionale e non si aggiunga all’infinito numero di enti e uffici della nostra mostruosa burocrazia; il testo prevede accorpamenti, spostamenti di risorse, chiusure di uffici… Bene. Un sincero in bocca al lupo.
- Che Stato e Regioni non litighino e, nel dialogo necessario a Costituzione vigente, non ritardino di un secondo il processo.
- Che Stato e Regioni, anche senza litigare nelle riunioni e sui testi, agiscano poi secondo quanto concordato, nella direzione dell’obiettivo comune.
- Che i centri per l’impiego eseguano o forse allo stato attuale sarebbe meglio dire che siano almeno in grado di eseguire. Il monitoraggio del Ministero del lavoro a riguardo fornisce un’immagine tutt’altro che rosea e la delega è prevista “senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. Come fanno se non hanno neanche una macchina che gli permetta di conoscere il territorio (R. Rasizza)?
- Che il raccordo pubblico-privato (da valorizzare secondo la delega) sia quantomeno concesso ovunque, mentre in alcuni territori ai privati non è neanche consentito partecipare.
Teniamo a mente questi obiettivi, puntiamo a questi obiettivi. I “livelli essenziali” arriveranno attraverso (almeno) questi passaggi, o non arriveranno affatto; e continueremo a scrivere e parlare.