Alessandro Rota Porta
Il regime di responsabilità tributaria negli appalti esce di scena ma non si può comunque affermare che il committente sia immune da qualsiasi conseguenza di natura fiscale: l’emanando decreto legislativo sulle semplificazioni fiscali, da un lato, dispone l’abrogazione del sistema oggi disciplinato dai commi da 28 a 28-ter, dell’articolo 35, del Dl 223/2006 ma – intervenendo sul disposto dell’articolo 29 della legge Biagi (che regola la solidarietà retributiva e contributiva) lascia – di fatto – alcuni oneri in capo al committente, qualora quest’ultimo sia chiamato a rispondere dei debiti dell’appaltatore.
Se, appunto, il committente chiamato in solido abbia eseguito il pagamento delle retribuzioni, sarà comunque tenuto ad assolvere tutti gli adempimenti previsti in capo ai sostituti d’imposta, ai sensi del Dpr 600/1973: quindi, ad effettuare le ritenute sulle somme corrisposte ai lavoratori interessati e versarle all’erario, a rilasciare il Cud e compilare il modello 770, e così via.
La norma si riferisce evidentemente a quelle ipotesi dove il meccanismo della preventiva escussione si sia rivelato infruttuoso: si ricorda, infatti, che il debitore solidale (committente imprenditore o datore di lavoro), chiamato a rispondere in sede giudiziale del pagamento unitamente all’appaltatore e agli eventuali subappaltatori, può proporre un’eccezione con la quale chiede che sia preventivamente escusso il patrimonio di questi ultimi (fatta salva la possibilità di richiedere la restituzione di quanto pagato attraverso l’azione di regresso).
Facendo un passo indietro, il vincolo solidaristico fiscale che oggi lega i soggetti della filiera prevede pesanti oneri di verifica che gli stessi devono effettuare per evitare di incappare nel coinvolgimento solidale, in caso di inadempienza dei soggetti a monte della catena dell’appalto.
Queste disposizioni erano entrate in vigore ad opera del Dl 83/2012, nel perimetro di attività rilevanti ai fini Iva e in aggiunta alla solidarietà retributiva e contributiva prevista dall’articolo 29 del Dlgs 276/2003, prevedendo un diverso grado di responsabilità e di rischio economico rispettivamente per committente e appaltatore nei confronti del subappaltatore.
Nell’attuale quadro, l’appaltatore si trova nella posizione di coobbligato in solido con il subappaltatore – che è il debitore principale – per le ritenute sui redditi da lavoro dipendente dovute da quest’ultimo (in materia di Iva la responsabilità era stata cancellata dal Dl 69/2013), in relazione alle prestazioni effettuate nell’ambito del rapporto di subappalto e nel limite dell’ammontare del corrispettivo dovuto, che non può quindi eccedere l’importo che l’appaltatore deve corrispondere al subappaltatore.
Il committente, pur non essendo chiamato a rispondere per il debito erariale, deve provvedere ad effettuare il pagamento del corrispettivo all’appaltatore solo dopo aver verificato che gli adempimenti degli obblighi tributari già scaduti, relativi al versamento delle ritenute fiscali sui redditi da lavoro dipendente a carico dall’intera filiera dell’appalto, siano stati eseguiti correttamente. Viceversa, diventa destinatario di una sanzione amministrativa, da 5mila a 200mila euro, se paga il corrispettivo all’appaltatore senza aver prima eseguito i necessari controlli sulla regolarità dei versamenti fiscali in questione, i quali risultino poi irregolari.
Per entrambi i profili, il coinvolgimento è escluso se l’appaltatore/committente acquisisce un’autocertificazione resa ai sensi del Dpr 445/2000 o un’asseverazione rilasciata dai professionisti abilitati o dai Caf imprese, che attesti la regolarità dei versamenti.
Anche con l’intervento del Dlgs semplificazioni, la materia deve ancora trovare un assetto chiaro poiché in tema di solidarietà contributiva non esiste un sistema di verifica che consenta di mettere al riparo il committente dal coinvolgimento solidale, sebbene lo stesso non abbia commesso illeciti.