Stefania Cordeddu
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con lettera circolare del 1/09/2014 prot. 14974, fornisce chiarimenti sulla diversa modalità di computo dei contratti di lavoro a tempo indeterminato nel caso in cui il datore di lavoro abbia iniziato la propria attività durante l’anno.
Su questo punto il medesimo Ministero, con circolare n. 18/2014, ha chiarito che:
- Il datore di lavoro, in assenza di una diversa disciplina contrattuale applicata, è tenuto a verificare quanti rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato siano vigenti per le attività iniziate durante l’anno, alla data di assunzione del primo lavoratore a termine.
- Da tale verifica dovranno essere esclusi i rapporti di natura autonoma o di lavoro accessorio, i lavoratori parasubordinati e gli associati in partecipazione.
- Considerata le finalità della disposizione, volte ad assicurare una specifica proporzione tra lavoratori stabili e a termine, si ritiene che tra i lavoratori stabili non vadano computati i lavoratori a chiamata a tempo indeterminato privi di indennità di disponibilità.
- Viceversa andranno conteggiati i lavoratori part-time, i dirigenti a tempo indeterminato e gli apprendisti. Il contratto di apprendistato è infatti esplicitamente definito come contratto di lavoro a tempo indeterminato.
- La verifica concernente il numero dei lavoratori a tempo indeterminato andrà effettuata in relazione al totale dei lavoratori complessivamente in forza, a prescindere dall’unità produttiva dove gli stessi sono occupati, ferma restando la possibilità di destinare i lavoratori a tempo determinato presso una o soltanto alcune unità produttive facenti capo al medesimo datore di lavoro.
- A titolo esemplificativo, se il datore di lavoro alla data del 1 gennaio abbia in corso 10 rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, potrà assumere sino a 2 lavoratori a termine. A prescindere dalla durata dei relativi contratti ciò anche se nel corso dell’anno il numero dei lavoratori stabili sia diminuito.
- Va precisato che il numero complessivo dei contratti a tempo determinato stipulati da ciascun datore di lavoro non costituisce un limite fisso annuale. Esso rappresenta una proporzione tra lavoratori stabili e a termine, di modo che allo scadere di un contratto sarà possibile stipulare un altro, purché si rispetti la percentuale massima di lavoratori a tempo determinato pari al 20%.
Da quanto esposto ne deriva in conclusione, che nel caso di datori di lavoro che abbiano iniziato la propria attività durante l’anno, in assenza di una disciplina contrattuale che regolamenti tale fattispecie e salvo successivi interventi delle parti sociali, i datori di lavoro in questione potranno applicare tale criterio, pur in osservanza dei diversi limiti numerici individuati dal CCNL.
Ne consegue, ad esempio, nel settore edile, al fine dell’individuazione del numero dei contratti a tempo determinato stipulabili, pari al 25% dei lavoratori stabili, come previsto dal relativo CCNL, andranno considerati i lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento della assunzione del primo lavoratore a termine, così come indicato con la circolare n. 18/2014.
Resta ferma l’integrale applicazione della disciplina contrattuale già a partire dall’anno successivo a quello di avvio della nuova realtà imprenditoriale.
Riferimenti: Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali, lettera circolare del 1/09/2014 prot. 14974 e circolare n. 18/2014; D.L. n. 34/2014 convertito dalla Legge n. 78/2014; D.Lgs. n. 368/2001 art. 1.