Il successo della Garanzia Giovani: aumentare la disoccupazione

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Francesco Giubileo

La “Garanzia giovani” rappresenta una vera rivoluzione nel palcoscenico nazionale ed è il risultato di un complesso lavoro (durato più di un anno) da parte della “Struttura di missione”, gruppo di lavoro costituito ad Hoc dal ministero del lavoro per definire i migliori strumenti di politica attiva del lavoro in grado di aiutare i giovani disoccupati a trovare un lavoro. Il programma raccoglie le raccomandazioni dell’Unione Europea e si basa prevalentemente su sperimentazioni realizzate nei Paesi Scandinavi già verso la metà degli anni 90’. In particolare, in Svezia lo strumento non sembra aver raccolto un gran successo, a causa di una scarsa governance del sistema, i Centri per l’impiego non comunicavano con le istituzioni scolastiche, producendo un diffuso fenomeno di auto-selezione dei candidati (partecipavano i più istruiti e capaci) e soprattutto il programma si è trasformato in un “parcheggio” in formazione professionale, dai dubbi esiti occupazionali.
Attualmente il modello definito dalla “Struttura di missione” dovrà essere implementato e applicato a livello regionale, nei fatti si costituiranno 20 modelli di “Garanzia giovane” e a seconda degli orientamenti politici (non si intravedono indicatori oggettivi sulla scelta) saranno destinate determinate risorse per: programmi di accompagnamento e supporto del lavoro; assistenza e finanziamento all’auto-imprenditorialità; oppure incentivi occupazionali.
A questo si aggiunge la possibilità per i giovani senza lavoro di rivolgersi ai servizi pubblici per l’impiego di altre regioni oltre a quella di residenza. Il risultato atteso è che parte dei giovani disoccupati delle regioni meridionali guarderanno con un certo interesse la Lombardia e il Triveneto, nella speranza di aumentare le proprie chance occupazionali.
Dal 18 giugno, lo strumento “dovrebbe” essere operativo e ai giovani registrati sul portale on-line verranno contatti per realizzare un profiling e un “patto di servizio”, tali azioni precedono l’erogazione dei servizi veri e proprio, nei confronti dei quali è possibile prevedere diversi scenari sugli esiti.
Il primo che rappresenta un vero insuccesso della misura, vedrà questi giovani, in prevalenza diplomati o laureati, finire parcheggiati in qualche corso “hobby” di carattere vocazionale che letteralmente non avrà riscontro in termini di esiti occupazionali.
Un secondo esito, tutt’altro che positivo, è che in massa questi giovani siano reclutati nel Servizio civile. Programmi simili di creazione diretta di lavoro sperimentati in Danimarca, Regno Unito e Germania hanno prodotto effetti di medio periodo addirittura negativi, cioè dopo questa esperienza i giovani fanno ancora più fatica nel trovare un lavoro.
Un terzo esito saranno i giovani assunti attraverso gli incentivi occupazionali, anche in questo caso sono presenti dei limiti piuttosto evidenti, ovvero il rischio di comportamenti opportunistici di alcune imprese (scrematura di personale e assunzione comunque delle migliori risorse), qui sarà fondamentale la valutazione e monitoraggio attraverso l’analisi delle fonti amministrative fatte in conclusione della sperimentazione.
Un quarto esito, che potrà rappresentare un esempio di successo, sarà l’idea di costruire in ogni regione modelli di partnership di collocamento tra attore pubblico e privato, analogamente a quanto avviene oggi nei Paesi Bassi (il modello più efficace ed efficiente in circolazione), che tuttavia si scontrerà con le basse opportunità di lavoro. Per questo ancora più importanti rappresentano due ulteriori strumenti proposti nella Garanzia giovani: un sostegno economico che favorisca, attraverso una serie di sinergie con Eures (il portale europeo per l’occupazione in Europa), la mobilità occupazionale a livello internazionale; e l’assistenza all’auto-imprenditorialità o auto-sostegno dei giovani, dove è previsto un sostengo economico a fondo perduto, più l’assistenza per la definizione del business plain o per consulenze fiscali.
Alla luce di queste considerazioni, torniamo al titolo di questo contributo e al suo paradosso. Infatti, i casi di successo dello strumento, produrranno una maggiore aspettativa e soprattutto fiducia non solo tra i disoccupati, ma si spera anche tra gli inattivi, tra cui i famosi Neet (stiamo parlando di circa 1,2 milioni di giovani), la loro partecipazione al mercato del lavoro produrrà un effetto a catena che nonostante le migliaia di assunzioni previste, il tasso di disoccupazione rimarrà costante o addirittura tenderà a crescere. Pertanto la vera rivoluzione dello strumento e il suo successo, si dovrà basare non su quante persone colloca o quanto si riduce il tasso di disoccupazione, ma soprattutto di quanto aumenterà la partecipazione dei giovani al mercato del lavoro e quindi di quanto si abbasserà il numero di neet o “scoraggiati”.

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