Somministrazione, tre (ulteriori) ragioni per considerare inapplicabile il tetto del 20%

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Andrea Morzenti

In questi giorni si è aperta una discussione sull’applicabilità alle Agenzie per il Lavoro del nuovo limite del 20% per le assunzioni con contratto di lavoro a tempo determinato a scopo di somministrazione.

 

In un articolo di martedì 27 maggio, su Il Sole 24 Ore, Michele Tiraboschi ne ha sostenuto l’applicabilità scrivendo che “il dettato normativo, tanto in termini letterali che di sistema, pare sul punto inequivocabile per quanto sia evidente come il nodo interpretativo, di grande impatto per le dinamiche di funzionamento nel nostro mercato del lavoro, sia sfuggito al Legislatore”.

 

Per quanto riguarda il dettato normativo il prof. Tiraboschi ricorda come l’articolo 22, comma 2, del decreto legislativo n. 276/2003, nel disciplinare le assunzione a tempo determinato a scopo di somministrazione, richiama il decreto legislativo n. 368/2001, in quanto compatibile, con la sola esclusione dei commi 3 e seguenti dell’articolo 5 (rinnovi contrattuali, tetto massimo di durata, diritto di precedenza). Con la conseguenza che il nuovo limite del 20%, contenuto nell’articolo 1 comma 1, risulterebbe applicabile alle Agenzie per il Lavoro contingentandone quindi, in termini numerici, le assunzioni a tempo determinato.

Interpretazione questa, secondo l’autore, che troverebbe conferma sul piano sistematico, in attuazioni dei principi europei di flexicurity (tutela del lavoratore temporaneo, da assumersi prevalentemente in pianta stabile, a fronte di una totale liberalizzazione per le Agenzie per il Lavoro di attivare contratti commerciali di somministrazione a favore degli utilizzatori).

 

Ad una diversa conclusione giungono gli avvocati Aldo Bottini e Giampiero Falasca con due distinti interventi, sempre su Il Sole 24 Ore, nei giorni successivi. Entrambi ritengono che il limite del 20% non sia infatti applicabile alle assunzioni a tempo determinato operate dalla Agenzie per il Lavoro.

 

L’avv. Bottini ricorda infatti che “contratto a termine e somministrazione (intesa come fenomeno complesso che comprende anche il rapporto di lavoro con l’agenzia) sono oggetto di diversa disciplina a livello comunitario” come confermato recentemente dalla Corte di giustizia europea con sentenza 11 aprile 2013, causa C-290/12 (sul punto, il 28 marzo 2014, lavoroeimpresa ha ospitato un intervento di Mauro Soldera http://lavoroeimpresa.com/2014/03/28/somministrazione-e-lavoro-a-termine-quelle-differenze-da-non-dimenticare/).

L’avv. Falasca, nel ricordare anch’egli le diverse direttive comunitarie, ritiene inoltre che “se c’è un aspetto incompatibile con le assunzioni finalizzate a eseguire i contratti di somministrazione a tempo determinato è proprio la regola del 20% perché le agenzie per il lavoro devono e possono – a normativa vigente – fare un uso strutturale e generalizzato del lavoro a termine”, facendo così leva sull’inciso “in quanto compatibile” contenuto nell’articolo 22, comma 2, del decreto legislativo n. 276/2003.

 

Personalmente, aggiungo altri tre aspetti, a favore della non applicabilità del limite del 20%.

 

Il primo, di sistema.

La sicurezza per il lavoratore (che unita alla flessibilità per le imprese costituisce la flexicurity europea) è infatti è qualcosa di più e di diverso rispetto al solo contratto di lavoro a tempo indeterminato: significa dotare le persone delle competenze che consentano loro di progredire durante la loro vita lavorativa e le aiutino a trovare un nuovo posto di lavoro. E’ questo quindi il ruolo che devono svolgere le Agenzie per il Lavoro (e che svolgono, anche se forse in pochi lo sanno) nel mercato del lavoro italiano. Certo le assunzioni a tempo indeterminato giocano un ruolo fondamentale ed è importante che aumentino anche in questo settore. Ma il lavoro tramite agenzia, anche se a tempo determinato, è soprattutto l’unico che, di fronte alla cessazione dell’esperienza lavorativa, garantisce al lavoratore l’assistenza di un operatore professionale del mercato del lavoro.

 

Il secondo, che potrei definire di logica.

Con le norme attuali, salvo diverse disposizioni della contrattazione collettiva, un datore di lavoro può utilizzare il contratto a termine nel limite del 20% e la somministrazione di lavoro a tempo determinato senza limiti quantitativi. E’ questo infatti lo scenario che emerge con l’approvazione della Legge n. 78/2014 (legge di conversione del Decreto Legge n. 34/2014) che esclude senza dubbio, per gli utilizzatori, il contratto commerciale di somministrazione dal limite del 20%. Ora, se il 20% fosse applicabile alle assunzioni a termine delle Agenzie per il Lavoro, raggiunta la quota massima di contratti a termine, le agenzie per il lavoro potrebbero, per la propria attività economica, assumere solo con contratto di lavoro a tempo indeterminato non potendo ricorrere, per se stesse, al contratto di somministrazione. Questa conseguenza, appunto, sarebbe palesemente illogica.

 

Il terzo, normativo.

Il nuovo limite del 20% è accompagnato da una nuova sanzione amministrativa, prevista in caso di suo sforamento (pari al 20% della retribuzione se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite non è superiore a uno e pari al 50% se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite è superiore a uno). Lo prevede il nuovo comma 4-septies dell’articolo 5 del decreto legislativo n. 368/2001. Come visto le Agenzie per il Lavoro applicano però il decreto legislativo n. 368/2001 in quanto compatibile e con esplicita esclusione dei commi 3 e seguenti dell’articolo 5, tra cui quindi ovviamente il nuovo comma 4-sepites. Il mancato rispetto del nuovo limite non avrebbe quindi, per le Agenzie per il Lavoro, la relativa nuova sanzione. Elemento questo, dirimente, a mio parere, per escludere le Agenzie per il Lavoro dall’applicazione del limite del 20% sulle proprie assunzioni a tempo determinato a scopo di somministrazione.

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