La riforma del lavoro cambia le sanzioni per chi supera i limiti quantitativi.
Il regime sanzionatorio precedente alla riforma era sostanzialmente omogeneo: se il contratto era irregolare per via della causale, o se invece si verificava il superamento dei limiti quantitativi previsti dalla contrattazione collettiva (non dalla legge, perchè questa soglia ancora non esisteva), il rapporto veniva nella maggioranza dei casi convertito a tempo indeterminato. Il meccanismo della conversione – di matrice prettamente giurisprudenziale – veniva completato da un sistema indennitario, introdotto dal c.d. collegato lavoro approvato nel 2010. Secondo questa normativa, in caso di conversione del rapporto a termine, al lavoratore spettava una somma aggiuntiva, a titolo di indennità, di importo variabile tra le 2,5 e le 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto percepita.
La riforma del lavoro cambia lo stato delle cose, almeno in parte. Non c’é più il problema delle conseguenze sanzionatorie della causale generica (manca il presupposto stesso della sanzione), non cambia il regime applicabile al superamento della durata massima, mentre viene ritoccato il regime applicabile alla violazione dei limiti quantitativi (siano essi di fonte legale o collettiva).
Per la violazione di questi limiti, infatti, viene introdotta una sanzione amministrativa a carico del datore di lavoro. La sanzione è pari al 20% della retribuzione, per ogni mese (o periodo di almeno 15 giorni) di durata del rapporto, per il primo lavoratore assunto in eccesso. La sanzione sale al 50%, per i lavoratori assunti oltre il tetto quantitativo successivamente al primo. La norma ha la finalità dichiarata di introdurre un meccanismo sanzionatorio alternativo rispetto a quello, applicato sino ad oggi, della conversione a tempo indeterminato del contratto a termine. Questa finalità è stata ribadita da un ordine del giorno approvato al Senato, con il quale è stato anche auspicato un intervento interpretativo del Ministero del lavoro. A fronte di una volontà chiara del legislatore, va rilevato che la norma non risulta altrettanto precisa. Manca una disposizione che, anche in maniera indiretta, escluda l’applicabilità della la sanzione della conversione per i casi di superamento del tetto quantitativo. Nè viene in alcun modo modificato il collegato lavoro, nella parte in cui considera come tipica la sanzione della conversione per il contratto a termine illecito. La riforma destina gli introiti derivanti dalle nuove sanzioni amministrative al fondo sociale per l’occupazione e la formazione.
