Il termine di decadenza in caso di interposizione fittizia di manodopera

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Stefania Cordeddu

Interposizione fittizia di manodopera
Con l’interpello del 25.03.2014 n. 12, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali fornisce chiarimenti in materia di interposizione fittizia di manodopera, sull’interpretazione del termine di decadenza del licenziamento illegittimo e la costituzione del rapporto di lavoro con l’utilizzatore della prestazione.
I dubbi vertevano sull’art 32, comma 4 lett. d) della L. 183/2010, e più precisamente sull’estensione del termine di decadenza di 60 giorni per l’impugnabilità del licenziamento e del termine di 180 giorni per il deposito del ricorso. Tale estensione, precisa la norma, riguarda ogni altro caso in cui, compresa l’ipotesi della somministrazione irregolare, si chieda la costituzione o l’accertamento di un rapporto di lavoro in capo ad un soggetto diverso dal titolare del contratto.
• È importante individuare in via preliminare le ipotesi in cui sussiste una prestazione lavorativa nei confronti di un soggetto diverso dal titolare del rapporto di lavoro.
• In riferimento alla somministrazione irregolare, l’art. 27 del D.Lgs. n. 276/2003 prevede la possibilità di ottenere, da parte del lavoratore, un provvedimento di natura costitutiva di un rapporto di lavoro alle dipendenze dell’utilizzatore, con effetto dall’inizio della somministrazione. Si ha somministrazione irregolare quando un lavoratore assunto da un datore di lavoro, detto somministratore, svolge la propria attività per un altro soggetto utilizzatore, in violazione delle condizioni stabilite dalla legge.
L’art. 32 citato, riferendosi ad ogni caso in cui si chieda la costituzione o l’accertamento del rapporto di lavoro ad un soggetto diverso dal titolare del contratto, ricomprende anche:
• L’appalto non genuino;
• il distacco illegittimo;
considerando che in entrambi i casi le conseguenze sanzionatoria hanno alla base la stessa logica della somministrazione irregolare. Anche in questi casi il lavoratore può chiedere al giudice un provvedimento dichiarativo o costitutivo di un rapporto di lavoro alle dipendenze di chi ne abbia effettivamente utilizzato le prestazioni.
• L’appalto è un contratto con cui una parte, l’appaltatore, assume con l’organizzazione dei mezzi necessari e con la gestione a proprio rischio, l’obbligo di un opera o servizio verso un corrispettivo di denaro; chi usufruisce di tale opera o servizio è chiamato appaltante. Qui è l’appaltatore che si assume il rischio d’impresa; in mancanza di tale requisito si avrebbe un appalto illecito con conseguente costituzione di un rapporto di lavoro a carico dell’appaltante.
• Il distacco è definito come l’ipotesi in cui un datore di lavoro distaccante, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di un altro soggetto, il distaccatario, per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa. In mancanza degli esposti requisiti il distacco è illegittimo e le conseguenze sono analoghe alle precedenti figure.
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali precisa che in caso di interposizione nella prestazione di lavoro, secondo la giurisprudenza riferibile alla disciplina previgente, l’effettivo utilizzatore delle prestazioni si sostituisce all’interposto nel rapporto di lavoro. Questo comporta come conseguenza che l’eventuale licenziamento intimato dall’interposto al lavoratore è inesistente giuridicamente e non impedisce al lavoratore di far valere in ogni tempo, salva la prescrizione estintiva, il rapporto costituitosi ex lege con l’interponente.
Con l’esposto articolo 32. comma 4 lett. d) l’applicazione nei predetti casi del termine di decadenza, sembra contrapporsi a questa giurisprudenza.
Si precisa che per tutte le ipotesi il lavoratore, nel chiedere la costituzione o l’accertamento del rapporto di lavoro nei confronti dell’utilizzatore, deve provare in via giudiziale la sussistenza degli elementi di irregolarità della somministrazione e di non genuinità e illegittimità dei contratti di appalto e distacco e contestualmente l’illegittimità del licenziamento.
Per il dies a quo per la decorrenza del termine di 60 giorni per l’impugnazione, occorre distinguere l’ipotesi in cui il licenziamento sia stato comunicato o meno per iscritto.
• Nel caso di licenziamento scritto con contestuale comunicazione dei motivi il termine decorre dalla data di ricezione da parte del lavoratore della comunicazione.
• Nell’altro caso il licenziamento verbale o di fatto o senza comunicazione dei motivi è inefficace, pertanto non è applicabile il termine di 60 giorni che postula l’esistenza di un licenziamento scritto.
In conclusione, in caso di licenziamento illegittimo, la giurisprudenza afferma che il termine di 60 giorni si applica all’impugnazione di ogni licenziamento comunicato per iscritto per ragioni riconducibili alla disciplina dettata dalla L.n. 604, fatta eccezione per il licenziamento non comunicato per iscritto, o di cui non siano stati comunicati, parimenti per iscritto, i motivi sebbene richiesti. In questi casi il lavoratore può agire per far dichiarare tale inefficacia, contestualmente all’azione per la costituzione o l’accertamento del rapporto di lavoro con il fruitore materiale della prestazione, senza l’onere della previa impugnativa stragiudiziale del licenziamento stesso. L’unico termine applicabile è solo quello prescrizionale per la declaratoria di inefficacia.

Riferimenti: Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Interpello n. 12/2014; L. n. 183/2010 art. 32, co.4, lett. d); L. n. 92/2012 art. 1, co. 37 e 38; D.Lgs. n. 276/2003 art. 27; L. n. 604/1966 art. 6 e art. 2, co.3; L.n. 300/1970 art. 18, co. 1 e 6;Cass. Sent. n. 1148/2013, n. 23684/2010, n. 5611/1977, n. 5519/1999, Cass. SS.UU. Sent. n. 508/99.

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