La causale non tutelava nessuno, il sistema diventa più semplice. Che senso ha lamentarsi?

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La scelta di abbandonare la causale del contratto a termine è destinata a produrre una grande semplificazione nella gestione della flessibilità in azienda. Il primo e più importante cambiamento si verificherà al momento della stipula del contratto di lavoro. Sulla base della vecchia normativa, un datore di lavoro doveva esercitarsi nella scrittura delle motivazioni che lo avevano indotto a preferire il rapporto a termine al posto di quello a tempo indeterminato; questa indicazione, nota come causale, poteva essere evitata solo se il contratto tra le parti era stipulato per la prima volta, e per un periodo limitato a 12 mesi (più altre ipotesi previste dai contratti collettivi oppure da norme speciali). La redazione della causale comportava dei rischi molto rilevanti, in quanto se l’indicazione era considerata generica oppure inesistente dal giudice, il rapporto si convertiva a tempo indeterminato. Con la nuova disciplina, al momento dell’assunzione non viene più richiesta la scrittura di alcuna motivazione (come del resto accade in tutti gli altri paesi europei), ma si passa un sistema di controllo molto più facile da applicare. Questo sistema è basato su un semplice calcolo numerico: i contratti a termine – tutti, senza distinzioni tra primo rapporto e successivi – possono essere stipulati nel rispetto di appositi limiti quantitativi (20% dell’organico) e del tetto massimo di durata del rapporto (36 mesi). Un meccansimo, quindi, molto più facile da applicare, che non è soggetto a valutazioni discrezionali ma resta rigidamente ancorato a tetti numerici. Il limite quantitativo del 20% sembra destinato ad interessare tutti i contratti a termine, ma con due importanti correttivi: la contrattazione collettiva potrà modificare tale soglia, e non rientreranno nel computo i lavoratori stagionali e assunti per esigenze sostitutive.
Cambia in maniera importante anche la gestione delle proroghe. La normativa fino ad oggi vigente consentiva di prorogare una sola volta il contratto, e richiedeva che la proroga fosse assistita da “ragioni oggettive” (una forma diversa di causale). Nella nuova disciplina, il numero delle proroghe ammesse cresce sino ad un massimo di 8 nell’arco di 36 mesi. Inoltre, le proroghe vengono svincolate dalla necessità di fornire giustificazioni. Le proroghe sono ammesse a condizione che abbiano ad oggetto le stesse mansioni per le quali il lavoratore è stato assunto. Il decreto di riforma, a quanto pare, non modificherà la disciplina dei rinnovi. Pertanto, come nella normativa precedente, una volta finito un contratto a termine, dovrebbe essere possibile stipularne un altro, a una doppia condizione: che sia rispettato un intervallo minimo (cd stop and go) di 10 o 20 giorni tra il vecchio e il nuovo contratto, e che la somma di tutti i periodi di lavoro a termine non superi comunque il periodo massimo di 36 mesi.
Il decreto dovrebbe anche coordinare la nuova disciplina del lavoro a termine con le regole applicabili ai contratti commerciali di somministrazione di manodopera. Da oltre un decennio, la normativa applicabile ai due contratti è omogenea, quanto meno per la parte relativa alle causali (con qualche piccola differenza). Il Ministero sembra intenzionato a mantenere in piedi questo parallelismo, e quindi la cancellazione della causale dovrebbe essere estesa anche ai contratti di somministrazione a tempo determinato. Una scelta saggia ed opportuna, che comporterà l’applicazione delle stesse regole a rapporti contrattuali omogenei.

Giampiero Falasca Il Sole 24 Ore 17 marzo 2014

4 comments

  1. Assolutamente d’accordo.
    A mio avviso potrà svilupparsi un buon contenzioso nei confronti dell’interpretazione della clausola di contingentamento (v. amplissimo contenzioso di Poste Italiane sull’art. 2 comma 1 bis), nonché alla violazione dei divieti di cui all’art. 3 (valutazione dei rischi su tutti).

  2. Giampiero,
    mi trovi d’accordo sulla linea della inutilità della causale, che peraltro fa giustizia rispetto alla volontà originaria del Legislatore comunitario. Ma se ci limitiamo (si fa per dire!) agli aspetti meramente di diritto con l’obiettivo di valutare la legittimità del diritto interno rispetto ai criteri fissati dalla Direttiva CE 70/1999, dovremmo anche dire che la disciplina dello “sto and go”, così come residua ad oggi, non è minimamente compatibile con il progetto di legge governativo. Se infatti, da una parte, la Direttiva non poneva freni al “primo” contratto a termine (perché considerato “buono” per una serie di motivi condivisibili), dall’altra chiedeva espressamente ed inequivocabilmente di improntare il diritto interno alla prevenzione degli abusi “derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato”. Il contingentamento è solo una delle precauzioni legali intese a rispettare questa volontà; l’altra è certamente quella di aggravare lo “stop and go” (a mio parere erano adeguati gli intervalli della prima Fornero) e limitare fortemente la disciplina della proroga. Il termine dei 36 mesi, infatti, ha poco rilievo, in quanto non è la durata assoluta del contratto a TD che rende debole il rapporto di lavoro (il contratto a TD, più è lungo e maggiori garanzie dà al lavoratore, anche rispetto al tempo indeterminato, soprattutto nelle aziende fuori dall’area ex art. 18 SL), ma piuttosto il frazionamento eccessivo del termine in un ambito temporale ristretto (come per esempio le 8 proroghe in 36 mesi). Dunque, andrebbe bene eliminare la causale sul primo contratto a TD, al pari del mantenimento dei limiti quantitativi delegati alla CC (anche se non legittimanti) e dell’eliminazione dei 36 mesi, ma per controbilanciare (cioè contrastare l’uso abusivo della reiterazione senza fine) bisognerebbe limitare ad una sola proroga (assoluta e senza causale) e aggravare notevolmente lo stop and go (lasciando alla CC la possibilità di modularlo anche verso il basso).
    Questo il mio parere.

    Poi, se ci vogliamo confrontare su ciò che sarebbe buono per il mercato del lavoro italiano, allora fammelo sapere: mi procuro un bancale di gomme da cancellare!

    A presto.

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