E adesso al lavoro! Basta parole, aspettiamo il #JobsAct

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Matteo Renzi ha annunciato una riforma del lavoro.

Appena preso l’incarico, aveva detto che sarebbe stata fatta entro marzo, ieri – con maggiore prudenza – ha detto che la discussione inizierà entro marzo.

La differenza non è banale.

Speriamo che, formato il Governo, il nuovo Premier decida di pesare meglio le parole e, anzi, si butti ventre a terra a fare le cose che ha promesso.

Non è chiaro se la scelta di Poletti cambierà la strategia annunciata in questi mesi, ma pensiamo di no.

Non serve andare dietro a facili suggestioni, ma bisogna affrontare i temi che realmente mettono in fuga gli investimenti.

E’ necessario quindi partire subito presentando un disegno di legge organico che affronti il primo problema, quello della burocrazia: il mercato del lavoro è sofffocato da norme, procedure e regole ostili a chinque vuole creare occupazione.

Bisogna poi mettere mano – per lo stesso motivo – alle regole del  lavoro flessibile, semplificando le forme contrattuali, che dovrebbero essere soggette solo a limiti oggettivi (durata massima e quantità).

Questo significherebbe eliminare le casuali, i limiti allo staff leasing,e tutte le altre regole e regolette che improgionano il lavoro flessbile dentro schemi inutilmente complessi.

E significherebbe anche accorpare le infinite forme di “mini lavori”, concentrandole in un solo strumento, semplice e facile da usare.

Se si vuole sperimentare il contratto di ingresso, si può fare, basta che si coordini la misura con l’apprendistato professionalizzante (non possono coesistere) e si rilanci l’apprendistato  per chi è ancora in età scolastica.

Sarebbe bello, poi, se il Premier avesse il coraggio di abrogare le collaborazioni, a progetto e senza progetto, simbolo dell’illegalità diffusa e non contrastata, e di cancellare le norme della legge Fornero sulle partite iva (sono inutili, hanno fallito l’obiettivo e alzano solo il livello di conflitti).

Un passo importante sarebbe anche la cancellazione del “rito Fornero”, che ha aumentato i gradi di giudizio sui licenziamenti e i costi del contenzioso; il processo Schettino è incagliato (battutaccia…) da due anni su questo rito, facendoci fare l’ennesima figuraccia agli occhi del mondo.

In tema di processo, qualche idea innovativa non guastarebbe. Ad esempio, perchè non defiscalizzare completamente le somme pagate per le conciliazioni di lavoro raggiunte prima dell’attivazione di un giudizio, al fine di disincentivare il contenzioso? Sarebbe una misura di sicuro successo.

Bisognerebbe intervenire anche sulle politiche attive, azzerando lo sgangherato federalismo del Titolo V, che moltiplica costi e strutture, e servirebbe un’agenzia nazionale per il lavoro, chiamata a gestire insieme politiche attive e ammortizzatori sociali.

Infine, servirebbe un cambio di modello nei servizi per l’impiego, coinvolgendo le Agenzie per il lavoro, le parti sociali, le scuole e le università, dandogli la possibilità di rilasciare lo stato di disoccupazione e di partecipare alle azioni di politica attiva del lavoro, nello schema della “dote unica” e del “contratto di ricollocazione”.

L’agenda è ricca e impegnativa, e non consente ulteriori concessioni ai comizi (pure necessari e indispensabili per creare consenso); quindi, caro Matteo, mettiti subito al lavoro!

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