Matteo Renzi ha annunciato una riforma del lavoro, da approvare entro marzo.
L’esperienza ci dice che riforma spesso è sinonimo di disastri, quindi bisogna evitare di sprecare l’ennesima occasione.
Per questo, anche se non richiesti, proviamo a formulare alcune proposte.
Sono punti forti, volutamente provocatori, che tuttavia nascono da una situazione che la politica fatica a capire: il mercato del lavoro è sofffocato da norme, procedure e regole ostili a chinque vuole creare occupazione.
Non serve, quindi, andare dietro a facili suggestioni, ma bisogna affrontare i temi che realmente mettono in fuga gli investimenti.
Ecco le nostre proposte:
1) approvare una legge di semplificazione che, ogni anno, sulla base delle indicazioni fornite da chi opera nel mercato del lavoro (hr manager, giuslavoristi, consulenti del lavoro, sindacati e associazioni datoriali), azzeri le procedure che rendono rigido il mercato senza offrire tutele alle parti del rapporto (es. l’assurda norma sulle dimissioni);
2) Creare uno “Statuto del lavoro flessibile” che riduca e semplifichi le forme contrattuali, le sottoponga solo a limiti oggettivi (durata massima e quantità) e circoscriva il regime sanzionatorio; eliminare le casuali, i limiti allo staff leasing,e tutte le altre regole e regolette che improgionano il lavoro flessbile dentro schemi inutilmente complessi;
3) Ripristinare il contratto di inserimento, come forma principale di accesso al lavoro dei giovani, e specializzare l’apprendistato per chi è ancora in età scolastica;
4) abrogare le collaborazioni, a progetto e senza progetto, e abolire le norme della legge Fornero sulle partite iva (sono inutili, hanno fallito l’obiettivo e alzano solo il livello di conflitti);
5) cancellare il “rito Fornero”, che ha aumentato i gradi di giudizio sui licenziamenti e i costi del contenzioso;
6) accorpare tutti i contratti a termine brevi (intermittente, accessorio, occasionali) in una forma unica, semplice e priva di burocrazie;
7) azzerare lo sgangherato federalismo sulle politiche attive del lavoro, che moltiplica costi e strutture, creando un’agenzia nazionale per il lavoro, chiamata a gestire insieme politiche attive e ammortizzatori sociali;
8) coinvolgere le Agenzie per il lavoro, le parti sociali, le scuole e le università nei servizi per l’impiego, dandogli la possibilità di rilasciare lo stato di disoccupazione e di partecipare alle azioni di politica attiva del lavoro, nello schema della “dote unica” e del “contratto di ricollocazione”;
9) rendere stabile (senza la necessità si attendere ogni anno decreti attuativi) la normativa sulla retribuzione di produttività, cancellare i contributi di licenziamento, e la maggiorazione ASPI sul lavoro a termine.
10) Defiscalizzare completamente le somme pagate per le conciliazioni di lavoro raggiunte prima dell’attivazione di un giudizio, al fine di disincentivare il contenzioso.