LEGGE DI STABILITA’ 2014: GLI INTERVENTI IN MATERIA DI LAVORO
Marco Proietti
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Poco o nulla nella legge di stabilità 2014 per quello che riguarda il mercato del lavoro. Approvata il 23 dicembre scorso, la l. 147/2013 si inserisce nel lungo elenco di provvedimenti legislativi da derubricare come “occasioni sprecate” e la serie di micro-interventi riferiti al lavoro sono destinati a sortire effetti minimi se non addirittura impercettibili; l’attuale stato dell’economia italiana richiederebbe, invece, interventi più corposi finalizzati ad una forte riduzione del costo del lavoro ed una maggiore, ed evidente, semplificazione delle leggi così da garantire la certezza del diritto.
Per quello che compete alla legge di stabilità, comunque, la riduzione del costo del lavoro resta una mera sfumatura concettuale e non si ravvedono interventi decisivi e funzionali ad una vera ripresa.
Alcuni interventi finiscono per cadere davvero nel vuoto come, ad esempio, la previsione al comma 22 di un incentivo per la continuità di servizio nei calla center pari ad 1/10 della retribuzione lorda mensile ai fini previdenziali per ciascun lavoratore stabilizzato, e per un massimo di 12 mesi: si lascia comunque ad un decreto attuativo concertato tra Min. Lavoro e Min. Economia l’individuazione delle modalità attuative. Sempre ad un decreto attuativo, successivo, viene lasciato l’onere di stabilire le modalità di riduzione dei premi INAIL che il comma 128 prevede debba applicarsi a ogni tipologia di premio, compresa l’agricoltura.
Nel successivo comma 129 viene stabilito un incremento dell’indennizzo per il danno biologico, comunque pari a non oltre il 50% della variazione dei prezzi al consumo accertata dall’Istat tra il 2000 ed il 2013 e con un tetto massimo di 50 milioni di euro all’anno; interessante il comma 132 il quale prevede uno sconto IRAP per le imprese che incrementano la base occupazionale: è previsto un importo deducibile fino ad un massimo di Euro 15.000,00 a dipendente e con un risparmio effettivo pari a Euro 585,00 per tre anni.
Sempre ad un decreto attuativo viene lasciata la tutela pensionistica per circa 23 mila esodati, così come indicato dai commi dal 191 al 198, per i quali è prevista la possibilità di usufruire del trattamento pensionistico nel periodo compreso tra il gennaio 2014 ed il gennaio 2015: inutile ogni commento anche solo sull’esistenza della categoria dei c.d. “esodati” che continua a creare problemi molto più facilmente risolvibili.
Fin qui davvero poco, si rinvia al futuro o si interviene con palliativi destinati ad avere pochi benefici sulle imprese o ad attrarre nuovi investimenti.
Ancora, davvero controversa l’efficacia della novità introdotta con il comma 135.
Come noto, la Riforma Fornero aveva introdotto un contributo aggiuntivo pari all’1,40% sui contratti a tempo determinato e destinato a finanziare l’ASpI, ad esclusione dei contratti a carattere sostitutivo, dei contratti stagionali, dell’apprendistato e del contratto a termine con una Pubblica Amministrazione; inizialmente era stato previsto che tale contributo poteva essere recuperato da parte del datore di lavoro che provvedesse alla conversione del contratto in tempo indeterminato, ma nel limite degli ultimi sei mesi di contribuzione aggiuntiva: la Legge 147, invece, estende tale possibilità di recupera all’intero periodo di durata del contratto di lavoro a termine, quindi con un massimo dei soliti 36 mesi.
Il comma 219, invece, prevede un potenziamento finanziario e normativo del piano c.d. “Garanzia dei giovani” e dell’art. 1, D.L. 76/2013, per agevolare l’assunzione a tempo indeterminato di giovani nella fascia di età compresa tra i 18 ed i 29 anni;
Anche in questo caso, va detto, i provvedimenti adottati appaiono poco incisivi anche in ragione del fatto che lo “sconto sull’ASpI” avviene su un aumento introdotto da poco (si torna al punto di partenza, quindi, senza fare alcun passo in avanti) mentre gli incentivi sui contratti a tempo determinato non tengono minimamente conto della necessità di flessibilità contrattuale richiesta dal mercato.
A bene vedere gli interventi sono piuttosto scarni.
Anche la previsione di una proroga per la sanatoria per gli associati in partecipazione finisce per essere solo un palliativo, mentre continuano a mancare interventi strutturali profondi e decisivi; per altro, va detto, non basterebbero da soli gli interventi economici ma servirebbe un’organica riforma della giustizia e della normativa del lavoro mirata ad eliminare interpretazioni contraddittorie e foriera di nuovi investimenti.