Facciamo il punto sul contratto a termine: come funziona, quali sono le novità 2013

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Stefania Cordeddu

Il contratto a termine nasce nel nostro ordinamento come rapporto di lavoro eccezionale, rispetto alla regola del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Il contratto di lavoro a tempo determinato è un contratto sottoposto a un termine finale, allo scadere del quale il contratto cessa automaticamente di produrre i suoi effetti. Il legislatore in quest’ottica ha stabilito dei periodi di pausa tra un contratto a termine e l’altro. Il mancato rispetto di questa pausa fa si che il secondo contratto sia considerato a tempo indeterminato. Se il datore di lavoro assume due volte consecutive lo stesso lavoratore senza soluzioni di continuità, il rapporto di lavoro è considerato a tempo indeterminato sin dal primo contratto.

La riforma Fornero, innovando la precedente disciplina, aveva allungato in maniera abbastanza rilevante gli intervalli obbligatori in caso di successione di contratti a termine. La medesima riforma, perseguendo la ratio di ridurre il fenomeno del precariato e disincentivare l’assunzione di lavoratori a termine, ha stabilito un contributo addizionale a carco del datore di lavoro pari all’1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali, precisando che in caso di stabilizzazione del rapporto senza soluzione di continuità alla scadenza del termine, tale importo è restituito in misura pari a 6 mensilità.

A fronte di un tale irrigidimento, il legislatore ha cercato nella stessa riforma di mitigare introducendo la facoltà di stipulare, per una durata di 12 mesi un contratto a termine acausale non prorogabile, purché si tratti del primo contratto. La riforma ha così introdotto la possibilità di stipulare il primo contratto a termine senza l’obbligo di motivazione previsto dalla precedente disciplina, superando le difficoltà legate al controllo giudiziale sulle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo reputati necessarie per stipulare un contratto di lavoro subordinato a termine, art. 1, D.Lgs. n. 368/2001.

Che cosa è accaduto dalla Riforma Fornero a oggi?

Successione dei contratti a termine
L’allungamento dell’intervallo tra due assunzioni successive, aveva creato una serie di problemi in diversi settori, trovandosi il datore di lavoro nell’impossibilità di riassumere entro tempi brevi i propri precedenti dipendenti, salvo eccezione. Questa eccezione consisteva nella possibilità di ridurre i tempi degli intervalli da parte della contrattazione collettiva.
In conseguenza di queste problematiche il legislatore è ulteriormente intervenuto in materia con la riforma del lavoro, D.L. n. 76/2013, convertita dalla legge n. 99/2013, che ha ridotto l’intervallo obbligatorio tra due contatti a termine a 10 e 20 giorni, contro i 60 e 90 giorni previsti dalla riforma Fornero.
Di fronte a quest’altra modifica in molti si sono chiesti, che validità hanno gli accordi collettivi stipulati prima dell’entrata in vigore della nuova riforma, per ridurre i tempi dell’intervallo tra contratti a termine
A questo quesito ha risposto il ministero del lavoro con la nota n. 5426 del 4 ottobre 2013. Nella nota si precisa che tale contrattazione collettiva appare oggi superata a seguito del più recente intervento normativo che ha ridotto lo spazio temporale tra i due contatti. Precisa, poi, che gli accordi collettivi stipulati, a decorrere dall’entrata in vigore del D.L. n. 76/2013, convertito con Legge n. 99/2013, potranno validamente prevedere una riduzione o addirittura un azzeramento dei predetti intervalli di 10 e 20 giorni nelle ipotesi definite dalla disciplina con effetti normativi.
Questa nota conferma un’inversione di tendenza, rispetto alla posizione della precedente riforma. Adesso, infatti, è possibile non solo ridurre ulteriormente con accordi collettivi i tempi d’intervallo tra un contratto a termine e l’altro, ma addirittura azzerarli.

Il addizionale Aspi dell’1,4%
La legge Stabilità 2014 recentemente approvata prevede dal prossimo anno la restituzione totale, non più di soli 6 mesi, del contributo Aspi dell’1,4%, nei casi in cui il contratto a termine sia trasformato in un contratto a tempo indeterminato.

Contratto acausale
Viene rimosso il divieto di proroga, fermo restando il limite di 12 mesi.

Riferimenti: D.Lgs n. 368/2001, Legge n. 92/2012, Legge stabilità 2014, ministero del lavoro nota n. 5426 del 4 ottobre 2013.

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