Mauro Soldera
La scorsa settimana si è conclusa con la sottoscrizione dell’accordo di rinnovo del CCNL delle Agenzie per il lavoro.
Pochi giorni prima, con risposta a specifico interpello, il Ministero del Lavoro aveva precisato che la procedura di conciliazione obbligatoria in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo si applica anche ai rapporti di lavoro instaurati a scopo di somministrazione.
Bene considerare congiuntamente i due passaggi per mettere in fila alcune osservazioni.
Poco se ne parla, ma il comparto delle Agenzie per il lavoro conta diverse migliaia di lavoratori assunti a tempo indeterminato. Non ci riferiamo ai lavoratori che prestano attività direttamente a favore delle Agenzie, ma ai lavoratori destinati ad essere assegnati in somministrazione. Il numero è in costante crescita.
La stabilità di questi rapporti lavorativi è garantita dalle medesime norme previste a favore di ogni assunzione a tempo indeterminato. Detto in altri termini, la legittimità del licenziamento è soggetta ai consueti presupposti di giusta causa, giustificato motivo soggettivo o oggettivo.
Il nuovo accordo di rinnovo prevede che nei primi 12 mesi il rapporto a tempo indeterminato non possa essere sciolto dall’Agenzia per giustificato motivo oggettivo.
Anche oltre questo termine, la cessazione della missione presso l’utilizzatore non costituisce di per sé un’ipotesi di giustificato motivo oggettivo. L’Agenzia potrà procedere in tal senso solo dopo aver infruttuosamente tentato la ricollocazione della persona – nel frattempo in disponibilità.
Durante il periodo di disponibilità, il lavoratore mantiene il proprio rapporto di lavoro con l’Agenzia, con diritto a percepire un’indennità, che il recente accordo porta a 750€ mensili.
Anche in ragione di questo esborso, totalmente a carico del contesto privato, l’Agenzia ha pieno interesse alla ricollocazione del lavoratore in tempi brevi presso un nuovo utilizzatore; nel rispetto delle prerogative professionali del lavoratore stesso.
In sostanza, un lavoratore assunto a tempo indeterminato a scopo di somministrazione, in caso di cessazione dell’attività lavorativa cui era assegnato, ha la possibilità di beneficiare gratuitamente di un servizio di ricollocazione professionale, condividendo con l’ente erogatore del servizio l’interesse al risultato finale.
Non solo, il lavoratore assunto a tempo indeterminato a scopo di somministrazione ha un perimetro di potenziale ricollocabilità molto più ampio rispetto al lavoratore a tempo indeterminato “classico”, il cui “ripescaggio” è valutato esclusivamente entro i confini dell’impresa che ne sta ipotizzando il licenziamento.
L’accordo di rinnovo conferma ed anzi consolida la procedura di confronto sindacale prevista nel caso i tentativi di ricollocazione di un lavoratore in disponibilità non abbiano dato frutti (procedura in mancanza di occasioni di lavoro).
Si tratta di un passaggio articolato che impone all’Agenzia lo svolgimento – per almeno 6 mesi – di azioni di riqualificazione a favore del lavoratore con difficoltà di ricollocazione, sulla base di uno specifico accordo con le organizzazioni sindacali di comparto. Solo dopo il fallimento di queste ulteriori iniziative si potrà valutare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
Siamo di fronte ad una procedura che ha pochi eguali ed una struttura ben più corposa di quanto previsto dalla legge in tema di conciliazione obbligatoria. Un dispositivo che mira a dare pieno e effettivo corpo al concetto di extrema ratio cui si associa lo scioglimento del rapporto in caso di giustificato motivo oggettivo; che riempie di iniziative ed azioni concrete il presupposto tanto declamato della occupabilità del lavoratore.
È sulla scorta di questa peculiarità del settore, probabilmente non tenuta in considerazione al momento dell’introduzione dell’obbligo di tentare la conciliazione in sede pubblica (Riforma Fornero), che è sorta la richiesta al Ministero.
Ora, consolidata e migliorata la procedura contrattuale grazie all’accordo di rinnovo, occorre coordinarla al meglio con quella di legge: riducendo al minimo i passaggi meramente burocratici, ma soprattutto facendo in modo che la sua articolazione complessa (contrattuale più legale) rimanga fino alla fine nel solco della migliore unità di intenti e di azioni tra le parti, e quindi di garanzie per il lavoratore.