Società a partecipazione pubblica: nuovi oneri anticorruzione e modello 231

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Avv. Antonio Carino, Studio Legale DLa Piper

Il 17 settembre 2013 la C.I.V.I.T.,(Commissione per la Valutazione, la Trasparenza e l’Integrità delle amministrazioni pubbliche), ha approvato la proposta di Piano Nazionale Anticorruzione (“PNA”) elaborata dal Dipartimento della funzione pubblica in base alla legge n. 190 del 2012.
Il PNA fornisce alle amministrazioni pubbliche gli indirizzi per la stesura del Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione (“PTPC”) che ciascuna amministrazione dovrà adottare entro il 31 gennaio 2014.
Il paragrafo 1.3. del PNA (“Destinatari”) stabilisce espressamente che i propri contenuti sono rivolti anche agli enti pubblici economici (ivi comprese l’Agenzia del Demanio e le Autorità Portuali), agli enti di diritto privato in controllo pubblico, alle società partecipate e a quelle da esse controllate ai sensi dell’art. 2359 c.c. per le parti in cui tali soggetti sono espressamente indicati come destinatari.
Il PNA, quindi, specifica (par. 3.1.1.) che al fine di dare attuazione alle norme contenute nella legge n. 190 del 2012 gli enti pubblici economici e gli enti di diritto privato in controllo pubblico, di livello nazionale o regionale/locale “sono tenuti ad introdurre e ad implementare adeguate misure organizzative e gestionali”. Tuttavia, “per evitare inutili ridondanze qualora questi enti adottino già modelli di organizzazione e gestione del rischio sulla base del d.lgs. n. 231 del 2001 nella propria azione di prevenzione della corruzione possono fare perno su essi, ma estendendone l’ambito di applicazione non solo ai reati contro la pubblica amministrazione previsti dalla l. n. 231 del 2001 ma anche a tutti quelli considerati nella legge n. 190 del 2012, dal lato attivo e passivo, anche in relazione al tipo di attività svolto dall’ente (società strumentali/ società di interesse generale). Tali parti dei modelli
di organizzazione e gestione, integrate ai sensi della legge n. 190 del 2012 e denominate Piani di prevenzione della corruzione, debbono essere trasmessi alle amministrazioni pubbliche vigilanti ed essere pubblicati sul sito istituzionale. Gli enti pubblici economici e gli enti di diritto privato in controllo pubblico, di livello nazionale o regionale/locale devono, inoltre, nominare un responsabile per l’attuazione dei propri Piani di prevenzione della corruzione, che può essere individuato anche nell’organismo di vigilanza previsto dall’art. 6 del d.lgs. n. 231 del 2001, nonché definire nei propri modelli di organizzazione e gestione dei meccanismi di accountability che consentano ai cittadini di avere notizie in merito alle misure di prevenzione della corruzione adottate e alla loro attuazione”.
Il successivo paragrafo B.2. dell’allegato 1 al PNA stabilisce poi il contenuto minimo dei Modelli di organizzazione e gestione per la prevenzione del rischio per gli enti pubblici economici e gli enti di diritto privato in controllo pubblico ossia:
■ individuazione delle aree a maggior rischio di corruzione, incluse quelle previste nell’art. 1, comma 16, della legge n. 190 del 2012, valutate in relazione al contesto, all’attività e alle funzioni dell’ente;
■ previsione della programmazione della formazione, con particolare attenzione alle aree a maggior rischio di corruzione;previsione di procedure per l’attuazione delle decisioni dell’ente in relazione al rischio di fenomeni corruttivi;
■ individuazione di modalità di gestione delle risorse umane e finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati;
■ previsione dell’adozione di un Codice di comportamento per i dipendenti ed i collaboratori, che includa la regolazione dei casi di conflitto di interesse per l’ambito delle funzioni ed attività amministrative;
■ regolazione di procedure per l’aggiornamento;
■ previsione di obblighi di informazione nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli;
■ regolazione di un sistema informativo per attuare il flusso delle informazioni e consentire il monitoraggio sull’implementazione del modello da parte dell’amministrazione vigilante;
■ introduzione di un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.
Le misure di prevenzione considerate ed implementate attraverso i modelli in questione debbono essere coerenti con gli esiti della valutazione del rischio, prevedendo
la possibilità che l’ente sia considerato responsabile per i reati commessi in qualità di agente pubblico ovvero per quelle ipotesi in cui l’agente operi come soggetto indotto o corruttore.
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Alla luce dell’importante novità normativa e del breve termine per l’adeguamento, è fondamentale che gli enti pubblici economici e gli enti controllati o a partecipazione pubblica procedano ad un tempestivo aggiornamento del proprio Modello di Organizzazione Gestione e Controllo considerando quanto previsto dal PNA.

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