Nuovo articolo 18: la violazione del repechage non comporta la reintegra ma solo l’indennità

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Se il licenziamento intimato per giustificato motivo oggettivo si fonda su un motivo realmente esistente, ma il datore di lavoro non rispetta il c.d. obbligo di repechage, non spetta le reintegrazione sul posto di lavoro, ma ricorre una delle ipotesi in cui si applica il regime indennitario previsto dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, introdotto dalla legge Fornero (l. n. 92?2012). Così si è espresso il Tribunale di Varese, con un’ordinanza del 2 settembre scorso, mediante la quale è stato deciso il giudizio di impugnazione del licenziamento intimato da un’impresa, per la cessazione di un contratto di appalto avente ad oggetto un servizio di portierato. A seguito della disdetta di tale contratto, l’azeinda licenziava il dipendente addetto allo svolgimento del servizio di portierato, sostenendo che non c’erano posizioni lavorative disponibili presso gli altri appalti in corso. Il lavoratore contestava la legittimità del licenziamento e, in particolare, lamentava il mancato rispetto da parte dell’impresa del c.d. obbligo di repchage, in quanto questa non avrebbe provveduto a verificare l’esistenza, all’interno della propria organizzazione aziendale, di posizioni lavorative disponibili per il dipendente. Il Tribunale di Varese, investito della questione, considera pacifica la sussistenza del motivo posto a fondamento del recesso (la cessazione dell’appalto), mentre ritiene che l’azienda non abbia adeguatamente provato il rispetto dell’obbligo di repechage. A fronte di queste conclusione, il Tribunale si interroga sul regime sanzionatorio da applicare alla vicenda, alla luce delle regole contenute nel nuovo articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. A tale riguardo, osserva il Giudice che il mancato rispetto dell’obbligo di repachage esula dal concetto di “fatto posto a fondamento del licenziamento”, condizione prevista dal nuovo regime sanzionatorio per applicare la reintegrazione sul posto di lavoro. In tale ipotesi, secondo l’ordinanza, il Giudice deve quindi applicare la regola per cui il licenziamento privo di giustificazione deve essere sanzionato solo sul piano economico, mediante il pagamento di un’indennità risarcitoria di importo variabile tra le 12 e le 24 mensilità. Nessuna conseguenza, invece, si verifica per il rapporto di lavoro, che non si ripristina, nonostante il recesso sia risultato illegittimo, e viene dichiarato risolto dal Giudice. La pronuncia esamina anche i criteri da seguire per la determinazione dell’indennità risarcitoria, tenendo conto che la legge fa riferimento alle dimensioni dell’azienda e al comportamento delle parti. Considerato che l’azienda, seppure tardivamente, aveva proposto al lavoratore una nuova collocazione lavorativa, il Giudice ritiene opportuno quantificare l’indennità nella misura minima di 12 mensilità.

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