La stabilizzazione dei precari pubblico, il fumo abbonda, l’arrosto scarseggia e non è neanche buono

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Il provvedimento di stabilizzazione dei precari della PA rischia di fare danni incalcolabili.

Si illudono 150 mila persone che ci sarà per loro un posto di lavoro, ma non è vero: il provvedimento si limita a prevede che se ci saranno concorsi (ripetiamo, SE) la metà dei posti dovrà andare a persone che hanno lavorato 3 degli ultimi 5 anni presso la PA con il contratto a termine.

Di fatto questo vuol dire che potrebbero essere stabilizzate pochissime persone, non c’è nulla di definitivo.

Ma il provvedimento è viziato anche da un altro punto di vista. L’anzianità, e non il merito o la bravura, diventa il criterio preferenziale per accedere al lavoro pubblico, con buona pace dei principi costituzionali che impongono l’adozione di misure volte a garantire l’efficienza della pubblica amministrazione.

Questo criterio dell’anzianità può avere un senso per assorbire tutte quelle persone che, in questi anni, hanno subito l’abuso di vedere reiterato troppe volte il contratto a termine, ma non può diventare – come invece pretende il governo – un principio valido sempre e comunque: viene mandato un messaggio devastante (vale più l’anzianità del merito) a tutti quelli che studiano e si preparano per un concorso pubblico,

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