Le modifiche al lavoro accessorio e intermittente

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Anche la disciplina dei contratti per i “piccoli lavori” subisce alcuni ritocchi ad opera del decreto legge n. 76/2013; in particolare, subiscono delle modifiche il lavoro accessorio – quella forma contrattuale nota che prevede il pagamento della prestazione tramite dei voucher del valore lordo di 10 euro ciascuno – e il lavoro intermittente – il contratto, noto anche come lavoro “a chiamata”, che permette di esigere la prestazione solo per alcune giornate.

Su questi contratti l’ordinamento mostra un’indecisione cronica, se si considera che, da quando sono stati introdotti (con la riforma Biagi del 2003) sono stati interessati da continui ritocchi legislativi, tanto che anche gli operatori più esperti faticano a ricordare le regole vigenti.

Il decreto legge n, 76/2003 non sembra preoccuparsi di questo problema, e interviene, come detto, su entrambi i contratti.

Per quanto riguarda il lavoro accessorio, le modifiche sono due. La prima riguarda la cancellazione della definizione delle prestazioni accessorie, che la legge qualificava come aventi “natura meramente occasionale”. Questa definizione si prestava a qualche lettura controversa, tanto che qualcuno sosteneva l’impossibilità di usare il lavoro accessorio per prestazioni non occasionali. Con la cancellazione della frase, viene meno ogni dubbio, e il rapporto può essere utilizzato per qualsiasi prestazione, ovviamente sempre che siano rispettato gli stringenti limiti di valore previsti dalla legge. La seconda modifica consiste nella possibilità di stabilire regole speciali sul valore dei buoni per alcune categorie speciali di lavoratori (disabili, detenuti, tossicodipendenti, percettori di ammortizzatori sociali).

Di maggiore impatto risultano le modifiche alla disciplina del lavoro intermittente. Il decreto n. 76 fissa un tetto massimo di utilizzo per ciascun lavoratore, pari a quattrocento giornate di effettivo lavoro, da calcolarsi nell’arco di tre anni solari; nel computo entrano solo le giornate di lavoro svolte dopo il 28 giugno 2013. Il decreto stabilisce anche la sanzione applicabile in caso di superamento del  periodo di utilizzo massimo: il rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.

La norma non dice se il limite delle quattrocento giornate sia applicabile anche se il lavoratore presta la propria attività presso aziende diverse; questa opzione sembra doversi scartare, in quanto ciascun datore di lavoro non può essere costretto a verificare la storia lavorativa pregressa del lavoratore. Tuttavia, per evitare ogni dubbio, un chiarimento normativo in sede di conversione del decreto sarebbe comunque opportuno.

La nuova normativa, infine, attenua il regime sanzionatorio applicabile in caso di violazione degli obblighi di comunicazione introdotti dalla legge Fornero, stabilendo che per i datori di lavoro che omettono la comunicazione di avvio della singola prestazione, le sanzione amministrative non si applicano quando dagli adempimenti di carattere contributivo assolti dall’impresa, si evidenzia la volontà di non occultare la prestazione di lavoro. In altri termini, se l’azienda è in regola con i contributi, si presume che non abbia una finalità fraudolenta e quindi non scatta la sanzione.

Infine, viene prorogata l’entrata in vigore delle nuove regole introdotte dalla legge Fornero per l’utilizzo del lavoro intermittente. La data di efficacia dei contratti in corso al 18 luglio 2012 viene, in fatti, spostata al  1° gennaio 2014 (inizialmente, il termine era 18 luglio 2013).

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