Lavoro: l’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare.

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Forse è un pò scontata, ma la citazione di Gino Bartali si adatta perfettamente al provvedimento appena varato dal Governo in materia di lavoro.

Di fronte a un sistema affamato di semplificazione e flessibilità, viene lanciata in orbita l’ennesima,  elefantiaca riforma del lavoro, che affronta temi secondari o non risolve quelli centrali, ed introduce regole paradossali e assurde (ci mancava la convalida delle “dimissioni” dei cocopro!).

Non vengono risolti i problemi del contratto a termine; l’acausalità rimane soggetta a regole e condizioni, e cambia solo fino a tutto il 2015, è vero che lo stop and go torna alle origini ma, nel complesso, il contratto rimane fermo dove era, ingabbiato dentro un sistema “lunare” fatto di mille, inutili cavilli.

Molto pericoloso l’intervento sull’apprendistato: viene, infatti, avviata l’ennesima riforma, proprio ora che le aziende iniziavano a prendere confidenza con le nuove regole del Testo Unico, e stavano scoprendo che il problema della complessità era stato in gran parte superato con le nuove regole.

Arriva, poi, puntale come l’estate, l’ennesima lenzuolata di micro modifiche al lavoro a progetto, intermittente e accessorio, che farà come al solito ammattire le aziende e gli operatori, sempre più disorientati da questi cambiamenti costanti.

Mancano interventi sul processo del lavoro, quando invece era urgente mettere fine alla brutta esperienza del “rito Fornero”, che ha fatto esplodere i costi del contenzioso e ne ha allungato la durata.

Il giudizio resta invece sospeso sugli incentivi per la creazione di nuova occupazione, anche se c’è il timore che vadano dispersi come coriandoli.

Paradossale la fine ingloriosa della Youth Guarantee, misura sbandierata in questi mesi da Letta come priorità assoluta.

Il decreto si limita ad istituire una commissione senza poteri e senza risorse: ci voleva una legge per fare questo?

 

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