Apprendistato: non rifacciamo il contratto di formazione e lavoro

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Una pericolosa tentazione si aggira in questi giorni nelle stanze del Ministero del lavoro. Nella faticosa ricerca di norme capaci di rilanciare il contratto di apprendistato, girano proposte di varia natura. Una di queste prevede la cancellazione del piano formativo come adempimento necessario per la stipula del contratto. Si avrebbe, con questa misura, un ritorno alla disciplina del 1955, nella quale la formazione era un impegno molto, molto dilatato ed eventuale. Se si considera che l’assenza di piano formativo andrebbe a combinarsi con la riduzione del monte ore annuo (i contratti collettivi ormai difficilmente prevedono più di 80 ore) e con la netta prevalenza della formazione aziendale in affiancamento, avremmo la rinascita, in forma persino semplificata, del contratto di formazione e lavoro.
Un contratto che aveva un certo appeal tra le imprese, ma che non è stato abbandonato per un capriccio del legislatore, ma per i gravi problemi di compatibilità con l’ordinamento comunitario che aveva creato.
L’Unione Europea, infatti, accetta che gli sgravi contributivi connessi ad un contratto di lavoro siano concessi alle imprese senza essere considerati aiuti di Stato solo se hanno un forte collegamento con la formazione dei lavoratori.
A forza di ridurre gli adempimenti formativi, l’apprendistato rischia di finire in un vicolo cieco.
Speriamo che al Ministero si fermino e riflettano su questo aspetto. Anche perchè una misura di semplificazione partirebbe da una petizione di principio. L’apprendistato è l’unico contratto semplice, caso più unico che raro di strumento facile da usare dentro una giungla asfittica di rapporti mal regolati da norme incomprensibili.
Il problema è che nessuno si è ancora accorto di questa semplificazione, e tutti associano l’apprendistato al contratto lunare creato dalla legge Biagi e mai decollato.
Oggi, con la riforma del 2011, il contratto si può usare senza complicazioni, le Regioni sono state completamente estromesse dalla regolazione, e le imprese che ne fanno uso sono estremamente soddisfatte.
Certo, come tutte le cose, la disciplina si può migliorare. Si può togliere la regola della conferma al 50 per cento, si può chiarire che il contratto può durare anche meno di 36 mesi, e altro ancora.
Ma non servono quelle rivoluzioni che, invece, dovrebbero travolgere in maniera importante altri contratti (ad esempio, il tempo determinato).

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3 comments

  1. Dubito fortemente che l’eliminazione del piano formativo sia la strada da percorrere… sarebbe la morte di questo contratto, che deve essere utilizzato invece proprio come strumento per consentire l’investimento sui giovani, e non come forma di flessibilità…

  2. Nel caso in cui si eliminasse sia piano formativo che vincoli di conferma ci troveremmo semplicemente di fronte ad una nuova tipo di contratto a tempo determinato.
    Senza possibilità di proroga ed applicabile ai soli under 29, Ma a-causale, decontribuito e con un salario d’ingresso.
    Avrebbe sicuramente un grande successo.

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