Fare per fermare il declino. Questo bellissimo slogan era stato buttato dentro l’agone politico da quel simpatico mattacchione di Oscar Giannino, ma – a campagna elettorale chiusa – potrebbe tornare ad essere la linea guida di qualsiasi governo intenzionato a cambiare il corso dell’economia italiana.
A parole, anche Enrico Letta sembra essersi iscritti tra i seguaci dello slogan; il decreto legge appena varato è stato, infatti, definito come il “decreto del fare”. Di metafora in metafora, il Governo ha suggerito l’immagine del cacciavite, per spiegare che le norme appena varate vanno a correggere in maniera precisa specifici problemi.
Ora, capiamo la difficoltà del momento, e siamo ben coscienti del fatto che nessuno ha la bacchetta magica.
Tuttavia, sarebbe lecito attendersi maggiore serietà, da parte di chi ci governa. Se si va a leggere il nuovo decreto, si scopre che dentro ci sono tante norme che vanno a toccare in maniera marginale e sostanzialmente inefficace una lista lunga (e un pò casuale) di aspetti della vita economica.
Basterebbe riprendere uno dei tanti (almeno due all’anno) decreti sviluppo varati annualmente dal 2008 ad oggi, per scoprire che si tratta di una minestra ampiamente riscaldata.
Questa minestra risulta priva, peraltro, dell’ingrediente principale: le norme sul lavoro.
Il tema semplificazione viene incredibilmente risolto con 2-3 norme secondarie sulla sicurezza sul lavoro, il DURC e gli appalti: chissà se il Governo ha in mente di ridurre anche le altre 15 mila norme che soffocano il mercato del lavoro bisognerà, o se invece ritiene risolto il problema.
Nelle prossime settimane dovrebbe essere varato un provvedimento specifico sul lavoro: speriamo che si cerchino slogan meno efficaci ma misure più concrete.