La buona prassi di Golden Lady: applicato il contratto di prossimità.

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Mauro Soldera

È notizia di questi giorni la decisione dell’azienda Golden Lady di offrire un contratto a tempo indeterminato alle 1200 risorse precedentemente occupate con contratto di associazione in partecipazione presso i punti vendita italiani.
La vicenda mostra diversi punti di interesse.
Innanzitutto, la fonte di una decisione tanto eclatante risiede nella Riforma Fornero, che sostanzialmente ha decretato la (quasi) estinzione giuridica del contratto di associazione in partecipazione.
Entrata in vigore la norma, l’azienda si è trovata nella necessità di affrontare una situazione drammatica per due ordini di motivi: 1. si trattava di trovare una soluzione per procedere ad una totale riorganizzazione di una parte fondamentale della propria struttura, da anni gestita per la quasi totalità nella forma dell’associazione e 2. implicava la necessità di adeguarsi alle nuove disposizioni immediatamente, da un giorno con l’altro, considerata l’assenza di una previsione transitoria, fatta eccezione per la soluzione della certificazione dei contratti, però estremamente onerosa per un numero tanto elevato oltre che operativamente impraticabile nei tempi dati.
L’urgenza, come si potrà ricordare, fu superato tramite un accordo aziendale che, poggiando sul (famoso) art. 8 della L. 148/2011, spostava di 1 anno il termine per adempiere. Probabilmente l’unica strada plausibile oltre l’inadempimento, costretta dalla scelta tanto discutibile di non dare alle aziende termini di aggiustamento; e soluzione che, per altro verso, dimostrò l’ampiezza del possibile spettro operativo del discusso art. 8.
L’esito della vicenda, reso noto in questi giorni, è certo confortante, ma non scontato, trattandosi di una “rivoluzione” organizzativa, gestionale ed economica. La fine sarebbe anche potuta essere meno lieta in un momento di forte recessione quale il presente.
Un’ultima considerazione: a quanto appreso alcuni mesi fa in ragione di un confronto diretto con l’azienda, e credo che la memoria non mi inganni, i contratti di associazione in partecipazione adottati per le figure di punto vendita da un lato avevano superato positivamente nel tempo alcune verifiche ministeriali, dall’altro erano normalmente apprezzati dalle persone, in ragione della libertà organizzativa concessa.

One comment

  1. La scelta della Riforma Fornero su alcuni contratti, come l’associazione in partecipazione, è di totale chiusura: è quindi una scelta cieca, ottusa, oscurantista e in questo senso criticabile, una sorta di “burka normativo” con tolleranza (e discernimento) zero. Dire di NO per non far succedere niente di male son capaci tutti (e si fanno danni).

    Ciò premesso, anche la vicenda Golden Lady non presenta tutti i punti in chiaro. Qui mi limito a sottoliearne due:

    1. Come ricordava esattamente l’autore dell’articolo, si è utilizzata la “contrattazione di prossimità” (il famoso art. 8) per ritardare di un anno gli effetti della (orrida) norma Fornero.
    Tuttavia, la medesima norma (ammesso che potesse ssere applicata al caso, se no staremmo disquisendo sul nulla…) avrebbe permesso con la medesima coerenza di superare del tutto il vincolo di legge (tale è infatti il potere assegnato alla contrattazione di prossimità) e quindi di affermare in toto la legittimità dei contratti in argomento (a proposito: perchè contratti così “perfetti e condivisi” non erano mai stati certficati ? ovvero: perchè non prevedere – anche questo avrebbe potuto fare la contrattazione di prossimità – la validità di una certificazione post legem ?).

    2. Leggendo la contrattazione in argomento (cioè quella specifica della “emersione” di Golden lady) si può vedere che nell’accordo si prevede che ove sussistano i requisiti di legge, gli associati in partecipazione possano essere assunti anche “con contratto di apprendistato”.
    E qui, francamente, a mio parere “casca l’asino” e si getta una maschera: se infatti i 1200 associati svolgevano attività autonome e caratterizzate da una certa autonomia anche professionale, il contratto di apprendistato proprio non “ci azzecca”: In tal senso, l’uso del contratto di a.i.p. sembra più spostarsi da una reale prestazione connotata dai criteri della fattispecie verso aspetti di mero contenimento di costo e elusione di vincoli, che si cerca di rincorrere in qualche modo anche con il ricorso all’apprendistato.

    Che poi i costi ed i vincoli del lavoro siano in italia asfissianti è serissimo e versissimo argomento.
    Ma far passare per “buona prassi” quella che per alcuni aspetti potrebbe apparire come la “toppa” ad una “furbata” (per quanto ben confezionate, sia la furbata che la toppa) è un altro discorso …

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