La causale nella recente giurisprudenza

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Ferruccio Pezzulla

 

Con una recente pronuncia del 7 maggio 2013, la Cassazione ha ribadito che, in presenza di una causale generica del contratto di somministrazione a tempo determinato, si verifica la trasformazione del rapporto in un contratto a tempo indeterminato con l’impresa utilizzatrice.

La pronuncia, tuttavia, verte in materia di fornitura di lavoro temporaneo, pacificamente replicabile avuto riguardo alla somministrazione, istituto che, per l’appunto, ha modificato, abrogandolo, l’istituto del lavoro temporaneo, in virtù di quanto disposto dal d. lgs. n. 276/2003.

La pronuncia in esame espone il suo ragionamento, partendo dall’art. 1, Legge n. 196/1997, il cui art. 1, secondo comma, consente la stipulazione del contratto di fornitura di lavoro temporaneo solo nelle seguenti ipotesi:

a) nei casi previsti dai CCNL della categoria di appartenenza della impresa utilizzatrice, stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi;

b) nei casi di temporanea utilizzazione di qualifiche non previste dai normali assetti produttivi aziendali;

c) nei casi di sostituzione dei lavoratori assenti, fatte salve le ipotesi di cui al comma 4, che prevede le situazioni in cui è vietata la fornitura di lavoro temporaneo.

Nel caso in esame, l’impresa utilizzatrice del contratto di fornitura, chiedeva l’annullamento della sentenza della Corte d’appello di Milano che aveva rigettato il ricorso confermando la decisione del Tribunale di primo grado che aveva accolto la domanda del lavoratore.

In particolare, la Cassazione, ha ritenuto troppo generica la causale del contratto di fornitura.

Nel caso di specie, infatti, la causale indicata nel contratto faceva riferimento ai “casi previsti dai contratti collettivi nazionali della categoria di appartenenza dell’impresa utilizzatrice. Sostituzione”.

A tal riguardo, infatti, si sarebbero dovuti indicare i contratti collettivi di riferimento e specificare a quali delle ipotesi previste da tali contratti si faceva riferimento.

Parimenti, del tutto generico, è risultato essere il termine “sostituzione”.

La causale, infatti, è risultata non idonea ad integrare i requisiti di specificità richiesti dalla Legge 196/1997.

In particolare, osserva la Suprema Corte, per i giudici di merito, non era provata la ricollegabilità dell’assunzione degli operai all’assenza in azienda di lavoratori con contratti a tempo indeterminato.

L’illegittimità del ricorso al lavoro temporaneo ha quindi come conseguenza la conversione del contratto a tempo indeterminato con l’impresa utilizzatrice.

La Cassazione, confermando la sentenza di appello, afferma che nel contratto di somministrazione è stata usata una formula più generica di quella prevista nel testo legislativo, mentre sarebbe stato necessario indicare quale contratto collettivo di riferimento applicare. I vizi del contratto commerciale di fornitura tra agenzia interinale e impresa utilizzatrice si riverberano sul contratto individuale di lavoro: l’illegittimità del contratto di fornitura comporta le conseguenze previste dalla legge sul divieto di intermediazione e interposizione nelle prestazioni di lavoro (legge 1369/1960 abrogata e confluita nella riforma Biagi).

L’effetto finale è dunque la conversione del contratto per prestazioni di lavoro temporaneo in un ordinario contratto di lavoro a tempo indeterminato tra l’utilizzatore della prestazione, datore di lavoro effettivo, e il lavoratore.

 

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