Per creare lavoro non bastano pannicelli caldi o chimere inattuabili

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Il Ministro Giovannini sembra aver finalmente definito l’agenda degli interventi da realizzare per stimolare la ripresa occupazionale: si parla di interventi sul contratto a termine, l’apprendistato, i servizi per l’impiego e la c.d. staffetta occupazionale.
I “titoli” degli interventi sono giusti e condivisibili: si tratta ora di capire come verranno realizzati.
Sul contratto a termine, sembra affacciarsi la prospettiva di un intervento minimalista: leggero ampliamento delle ipotesi nelle quali non è richiesta la causale, riduzione dello stop and go a 20-30 giorni. Se passasse questa linea, il Governo dimostrerebbe di non aver capito molto delle problematiche connesse a questo contratto. La causale non è una tutela dei lavoratori che va ridotta con moderazione per creare lavoro: è una tecnica che non garantisce nessuno ma crea solo contenzioso. Per questo, la scelta deve essere molto più netta e lineare: togliere la causale, e introdurre al posto di questa solo limiti oggettivi (durata, quantità). In questo modo, basterà saper contare per essere in regola, al contrario di quanto accade con la causale, che impone capacità “divinatorie” al datore di lavoro, chiamato a scrivere un testo che soddisfi i mutevoli orientamenti della giurisprudenza.
Sul contratto di apprendistato, invece, siamo ancora nel trionfo del luogo comune. Il contratto, si dice, è troppo complesso: ma non è vero, nel 2011 è stata realizzata una super semplificazione che non lascia spazi a grandi miglioramenti, per la forma professionalizzante. Sarebbe sufficiente togliere l’obbligo di stabilizzazione introdotto con la legge Fornero. Maggiori problemi creano le altre due forme di apprendistato (Qualificante, alta formazione), ma se non si supera il regionalismo spinto che informa la materia, non se ne esce.
Quanto ai servizi per l’impiego, il Governo dovrà guardare all’estero per capire che bisogna cambiare modello, da quello centrato sugli uffici provinciali, a quello – usato in tutta Europa – basato sulla cooperazione tra pubblico e privato. In che modo? Le Agenzie per il lavoro, con duemila sportelli, possono erogare servizi ai disoccupati e attestare la loro partecipazione attiva alle misure di politica attiva, anche ai fini del godimento degli ammortizzatori sociali.
Infine, il “patto generazionale”: slogan buono per i giornali, forse, ma se si va vedere l’esperienza, si scopre che l’idea è vecchia (pago i contributi agli “anziani” che lasciano il posto ai giovani), costosissima per lo Stato e inefficace.
Il vero patto generazionale sarebbe, a nostro avviso, un altro: rinunciare a un diritto del lavoro che premia solo l’anzianità lavorativa, ammettendo la possibilità che durante la vita lavorativa le mansioni e le retribuzioni possano anche scendere.
Staremo a vedere se il Governo deciderà di affrontare i temi sopra indicati mediante inutili pannicelli caldi e slogan buoni solo per i giornali, oppure proverà a sporcarsi le mani con la ricerca di soluzioni efficaci.

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