Il Tribunale di Roma con una sentenza molto innovativa ha frenato le ambizioni giudiziarie della Fiom che – come già fatto durante la vigenza del vecchio CCNL – ha chiesto ai giudici di risolvere i problemi di relazioni industriali che caratterizzano il comparto delle metalmeccanica.
Ma cosa ha detto di tanto sorprendente la sentenza? Secondo il Tribunale, la Fiom non può lamentare il mancato adempimento di un accordo collettivo (l’intesa interconfederale del giugno 2011) di cui non è stata parte firmataria. Questo perchè il contratto collettivo di diritto comune vincola solo le parti stipulanti, come ogni contratto privatistico.
Il Tribunale ovviamente è a conoscenza della struttura sindacale, e quindi dà atto alla Fiom di essere strutturalmente collegata ad uno dei firmatari (la CGIL), ma questo collegamento non è sufficiente a dare alla Fiom la posizione di soggetto che è parte dell’intesa (e quindi può invocarne l’applicazione).
Secondo il Tribunale, quindi, gli unici soggetti i quali potrebbero dolersi del mancato adempimento sarebbero le confederazioni.
La sentenza non si ferma a questo, ma va oltre, spiegando che, in ogni caso, l’accordo invocato dalla Fiom non riconosce un diritto soggettivo alla partecipazione alle trattative, e pertanto deve essere esclusa in radice la possibilità di emettere un ordine di partecipazione.
La sentenza chiude un contenzioso fondato su presupposti giuridici molto deboli, ma non può essere salutata come una vittoria da nessuno, in quanto comunque il Tribunale, in maniera corretta, mette a nudo tutti i limiti giuridici di un sistema di relazioni industriali centrato su uno strumento – il contratto collettivo di diritto comune – ormai troppo fragile.
