Il dibattito sulle modifiche da apportare alla legge Fornero si arricchisce del contributo di Andrea Morzenti, che riportiamo di seguito.
Il Presidente del Consiglio dei Ministri Enrico Letta e il Ministro del Lavoro Enrico Giovannini hanno dichiarato, fin dal loro insediamento, che è loro obiettivo “mettere mano” ad alcuni aspetti della Riforma Fornero, con particolare riferimento al contratto di lavoro a tempo determinato e al contratto di apprendistato.
Il Ministro ha dichiarato che «la Riforma Fornero è stata disegnata in modo molto coerente per una economia in crescita, ma può avere problemi per una economia in recessione»., e che: «bisogna capire cosa modificare, ma il mercato del lavoro ha bisogno di stabilità delle regole».
Successivamente a tali dichiarazioni, i recenti dati del Monitoraggio ISFOL sulla effetti della Riforma, relativi al quarto trimestre del 2012, hanno però evidenziato:
– una ripresa dei contratti a tempo determinato (+3,7% sul terzo trimestre)
– la dinamica degli avviamenti con contratto di apprendistato, in rallentamento fino al terzo trimestre, è ripresa a crescere a partire dal mese di agosto (+5,2%)
– un calo dei contratti di collaborazione (-9,2%) e soprattutto di quelli riferiti al lavoro intermittente (-22,1%)
Tanto che il Ministro Giovannini ha subito dichiarato che bisogna stare «molto attenti» a toccare una riforma «che sta finalmente producendo una serie di effetti voluti».
Tra gli effetti voluti il Ministro si riferiva al “passaggio” dalle (false) collaborazioni a favore dei contratti di lavoro subordinato (a tempo determinato e in apprendistato)? Forse, può darsi. Certo, aggiungo, i dati di un solo trimestre non possono essere sufficienti per dare un giudizio su questo aspetto. Attendiamo quindi i dati del successivo Monitoraggio ISFOL riferiti al primo trimestre dell’anno in corso.
Intanto, se l’obiettivo è modificare alcuni aspetti della Riforma stando però attenti a non vanificare il raggiungimento degli effetti voluti, a mio avviso, occorre proprio proseguire sulla medesima strada tracciata dalla Riforma. Intervenendo, quindi, in un’ottica si semplificazione, sui contratti a tempo determinato, sui contratti di somministrazione di lavoro, sui contratti di apprendistato.
Eliminando vincoli e fardelli che non ne aiutano la fruizione da parte delle aziende e, conseguentemente, non facilitano l’ingresso dei giovani (o il re-ingresso dei meno giovani) nel nostro mercato del lavoro.
Provo, di seguito, a elencare una serie di possibili interventi.
Contratto di lavoro a tempo determinato e contratto di somministrazione di lavoro
1. E’ necessario agevolare, rendendolo più fruibile, il primo rapporto di lavoro acausale (che non necessita quindi della ragione di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo), introdotto dalla Riforma.
In che modo?
– ribadendo, con una scrittura più felice della norma, che tale tipologia contrattuale può essere utilizzata sia ricorrendo al contratto di lavoro a tempo determinato diretto, sia mediante l’instaurazione di un rapporto di lavoro indiretto per il tramite di un contratto di somministrazione di lavoro a tempo determinato.
– precisandone la fattibilità in caso di primo rapporto di lavoro subordinato, diretto o indiretto in somministrazione, tra datore e lavoratore, superando in modo favorevole l’attuale dubbio interpretativo sulla possibilità di utilizzare tale contratto qualora preceduto da un contratto di lavoro autonomo (ad es. il contratto di collaborazione a progetto). In tal modo il “passaggio” da (falsa) collaborazione a contratto a tempo determinato sarebbe ulteriormente facilitato.
– aumentandone la durata massima, ad esempio sino a 24 mesi; e non solo 12 mesi come ora previsto.
– entro tale durata massima, consentendo un numero massimo di proroghe (non una sola come l’ordinario contratto a tempo determinato), superando così il principale ostacolo, rappresentato attualmente dalla improrogabilità di tale tipologia contrattuale.
– prevedendo un azzeramento del periodo di interruzione contrattuale (cd “stop and go”) nel caso di un successivo contratto a tempo determinato, al termine di tale contratto acausale. Contratto successivo che, quindi, dovrà, come oggi, continuare ad essere supportato da idonea causale, ma che potrà essere sottoscritto anche il giorno successivo al termine del precedente contratto acausale.
Somministrazione di lavoro
In attuazione della Direttiva Comunitaria n. 104 del 2008, non è più procrastinabile una reale rimozione degli ostacoli e dei divieti all’utilizzo del lavoro “tramite agenzia interinale” non compatibili con la normativa comunitaria (e non solo parzialmente, come fatto con il decreto legislativo n. 24/2012), in considerazione del fatto che, come riporta la direttiva, il contratto di lavoro tramite agenzie “risponde non solo alle esigenze di flessibilità delle imprese ma anche alla necessità di conciliare la vita privata e la vita professionale dei lavoratori dipendenti e contribuisce pertanto alla creazione di posti di lavoro e alla partecipazione al mercato del lavoro e all’inserimento in tale mercato”.
In che modo?
– eliminando, per ogni situazione e non solo in caso di primo rapporto di lavoro, la necessità di individuare una causale di utilizzo.
– liberalizzando il contratto di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato, mediante l’eliminazione degli attuali e restrittivi casi di ricorso, consentendo che tale tipologia contrattuale diventi una modalità di organizzazione aziendale utilizzabile liberamente dalle aziende e che, conseguentemente, possa facilitare le assunzioni con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Con tali interventi di modifica la somministrazione di lavoro non sarebbe più soggetta alle stesse limitazioni del contratto a tempo determinato, in aderenza alle rispettive direttive comunitarie, così come ribadito recentemente dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’11 aprile 2013.
Contratto di apprendistato
Uno dei principali ostacoli che frena l’utilizzo del contratto di apprendistato (oltre alla stratificazione normativa il cui superamento necessità, però, di una modifica del Titolo V della Costituzione) è rappresentato dall’impegno di durata iniziale, di norma triennale, richiesto alle aziende. Impegno in molti casi ritenuto gravoso, soprattutto in questo momento di difficoltà economica quando la visione non è sempre di medio/lungo periodo.
Una soluzione per superare tale ostacolo potrebbe essere quella di consentire alle parti del contratto di recedere liberamente dallo stesso con cadenza annuale e non, come oggi, solo al termine del periodo formativo (di regola, appunto, triennale).
Quanto sopra con due accorgimenti:
– prevedendo che il lavoratore, qualora riassunto in apprendistato entro un determinato periodo dalla cessazione del contratto precedente, da un datore di lavoro dello stesso comparto, se adibito alle stesse mansioni, debba proseguire il percorso formativo ripartendo da dove interrotto e, quindi, per il solo periodo temporale restante
– al fine di evitare un utilizzo distorto dello strumento, mantenendo l’obbligo di conferma in servizio così come ora disciplinato, prevedendo però come regola, e non come situazione transitoria come ora, la percentuale del 30% (al posto del 50%). Il contratto di apprendistato, come noto, è infatti un contratto di lavoro a tempo indeterminato, non un contratto a termine a contribuzione ridotta. La conferma in servizio dovrebbe, pertanto, rappresentare la soluzione quasi naturale del contratto di apprendistato e non, invece, come si legge in alcune proposte di modifica di questi giorni, premiata con un ulteriore incentivo economico. Sul punto, in chiusura, mi permetto di dire che sarebbe come ricevere un premio in caso di sosta dell’auto entro gli spazi delimitati, invece di un multa per divieto di sosta in caso di mancato rispetto delle norme del codice della strada…