Contratto a termine. Ulteriori spunti per la riforma

Posted by

​Marco Proietti
​Contatto Linkedin: http://www.linkedin.com/profile/view?id=236297816&trk=tab_pro

​Il futuro del contratto a termine sarà l’argomento maggiormente dibattuto nei prossimi mesi durante i quali, stando a quanto dichiarato dal neo Ministro del Lavoro, si procederà ad una revisione della Riforma Fornero con interventi di “semplificazione” per ciò che riguarda le assunzioni: nuove regole in entrata, e quindi nuovi interventi sul contratto a termine e probabilmente anche sull’apprendistato.

​E’ sicuramente singolare che la Riforma Fornero, realizzata con l’intento di semplificare il mondo del lavoro sia in entrata che in uscita, e finalizzata ad un profondo cambiamento di quel sistema normativo rimasto in piedi per più di 30 anni, proprio quella Riforma debba oggi – a meno di un anno dall’entrata in vigore – essere a sua volta “riformata” o quanto meno corretta.

​In ogni caso, ed a prescindere dalle valutazioni della Riforma Fornero, la disciplina sui contratti a tempo determinato richiede una profonda rivisitazione; già su questo blog ci si è espressi sull’argomento (cfr. G. Falasca, commento del 30 aprile u.s.) e si è evidenziato, giustamente, come l’intervento debba rendere meno burocratico il sistema di assunzione e venire incontro alle esigenze delle imprese che chiedono a gran voce porche regole, chiare e incontrovertibili.​

​Cosa dice la normativa attuale? Modificando il regime previgente, la Riforma Fornero ha introdotto alcune novità ovvero:

​1) esclusione della causale nel primo contratto a termine, quando ha durata non superiore a 12 mesi e senza possibilità di proroga;

​2) allungamento dei termini di prosecuzione del rapporto oltre la scadenza (30 e 50 giorni a seconda se il contratto abbia una durata maggiore o minore di 6 mesi);

​3) allungamento dell’intervallo di tempo tra un contratto e l’altro (60 e 90 giorni a seconda che il contratto abbia una durata maggiore o minore di 6 mesi) con la possibilità di deroga da parte dei contratti collettivi;

​4) impugnazione del termine apposto al contratto entro 120 giorni dalla scadenza e non più, come per il licenziamento, entro 60 giorni;

​5) interpretazione autentica sul risarcimento del danno, pari a 12 mensilità oltre la conversione, e senza diritto al pagamento delle mensilità maturate nel corso del giudizio.

​E’ chiaro che il sistema così delineato appare piuttosto farraginoso. Anche per un addetto ai lavori resta difficile districarsi nel mare magnum di termini, coincidenze e date varie, o anche solo individuare la causale giusta al caso concreto; non è dato comprendere, ad esempio, per quale ragioni il termine di impugnazione del contratto debba essere diverso da quello del licenziamento né perché da un lato vengano prolungati i periodi di “pausa” tra un contratto e l’altro, e al contempo si lasci via libera ai vari c.c.n.l. di derogare a piene mani in materia.

​La semplificazione, questa sconosciuta. L’auspicio è ad un cambiamento vero, con regole chiare e certezza del diritto: i) eliminazione completa della causale; ii) durata massima del contratto di 36 mesi; iii) eliminazione degli intervalli tra un contratto e l’altro; iv) limite massimo al numeri di contratti in ogni azienda.

Rispondi