Marco Proietti
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Il futuro del contratto a termine sarà l’argomento maggiormente dibattuto nei prossimi mesi durante i quali, stando a quanto dichiarato dal neo Ministro del Lavoro, si procederà ad una revisione della Riforma Fornero con interventi di “semplificazione” per ciò che riguarda le assunzioni: nuove regole in entrata, e quindi nuovi interventi sul contratto a termine e probabilmente anche sull’apprendistato.
E’ sicuramente singolare che la Riforma Fornero, realizzata con l’intento di semplificare il mondo del lavoro sia in entrata che in uscita, e finalizzata ad un profondo cambiamento di quel sistema normativo rimasto in piedi per più di 30 anni, proprio quella Riforma debba oggi – a meno di un anno dall’entrata in vigore – essere a sua volta “riformata” o quanto meno corretta.
In ogni caso, ed a prescindere dalle valutazioni della Riforma Fornero, la disciplina sui contratti a tempo determinato richiede una profonda rivisitazione; già su questo blog ci si è espressi sull’argomento (cfr. G. Falasca, commento del 30 aprile u.s.) e si è evidenziato, giustamente, come l’intervento debba rendere meno burocratico il sistema di assunzione e venire incontro alle esigenze delle imprese che chiedono a gran voce porche regole, chiare e incontrovertibili.
Cosa dice la normativa attuale? Modificando il regime previgente, la Riforma Fornero ha introdotto alcune novità ovvero:
1) esclusione della causale nel primo contratto a termine, quando ha durata non superiore a 12 mesi e senza possibilità di proroga;
2) allungamento dei termini di prosecuzione del rapporto oltre la scadenza (30 e 50 giorni a seconda se il contratto abbia una durata maggiore o minore di 6 mesi);
3) allungamento dell’intervallo di tempo tra un contratto e l’altro (60 e 90 giorni a seconda che il contratto abbia una durata maggiore o minore di 6 mesi) con la possibilità di deroga da parte dei contratti collettivi;
4) impugnazione del termine apposto al contratto entro 120 giorni dalla scadenza e non più, come per il licenziamento, entro 60 giorni;
5) interpretazione autentica sul risarcimento del danno, pari a 12 mensilità oltre la conversione, e senza diritto al pagamento delle mensilità maturate nel corso del giudizio.
E’ chiaro che il sistema così delineato appare piuttosto farraginoso. Anche per un addetto ai lavori resta difficile districarsi nel mare magnum di termini, coincidenze e date varie, o anche solo individuare la causale giusta al caso concreto; non è dato comprendere, ad esempio, per quale ragioni il termine di impugnazione del contratto debba essere diverso da quello del licenziamento né perché da un lato vengano prolungati i periodi di “pausa” tra un contratto e l’altro, e al contempo si lasci via libera ai vari c.c.n.l. di derogare a piene mani in materia.
La semplificazione, questa sconosciuta. L’auspicio è ad un cambiamento vero, con regole chiare e certezza del diritto: i) eliminazione completa della causale; ii) durata massima del contratto di 36 mesi; iii) eliminazione degli intervalli tra un contratto e l’altro; iv) limite massimo al numeri di contratti in ogni azienda.