Gianni Bocchieri
La disoccupazione giovanile non accenna a diminuire. L’ultima rilevazione dell’ISTAT rileva che i giovani senza lavora superano il trentacinque per cento. È evidente che la combinazione della grande crisi economica e della riforma del sistema pensionistico sta penalizzando soprattutto i giovani, che non riescono ad entrare nel mondo del lavoro. Del resto, la crisi economica rimane ancora lo scenario più probabile del futuro prossimo e la riforma delle pensioni era indifferibile. Allo stesso tempo, però, le politiche per il lavoro non possono ignorare i nostri giovani.
Negli ultimi anni, non sono mancate proposte politiche e piani di azioni per favorire l’occupazione dei giovani.
La riforma della scuola secondaria con il rilancio dell’istruzione tecnica e dell’istruzione professionale si è ispirata alla necessità di favorire l’occupabilitá dei giovani e di eliminare il disallineamento formativo, che conduce al paradosso per il quale le aziende non trovano i giovani formati per le loro specifiche esigenze produttive. La finalizzazione dei percorsi di studi verso l’occupazione rimane l’esigenza prioritaria di un sistema di formazione e di istruzione, troppo a lungo costruito in senso autoreferenziale dentro un circuito squisitamente scolastico. La definitiva costruzione del sistema regionale dell’istruzione e della formazione professionale deve completare il quadro delle riforme della scuola, per proporre alle famiglie percorsi di qualità integrati con il mondo del lavoro. Inoltre, dopo i percorsi triennali, occorre favorire il conseguimento dei diploma e la costruzione di percorsi di formazione terziaria, alternativa all’università o agli ITS (Istituti Tecnici Superiori), anche per i giovani che scelgono la formazione professionale.
In questo quadro, l’apprendistato deve rappresentare il miglior modello di integrazione tra scuola, formazione e lavoro, consentendo la contemporanea esecuzione di attività formativa e lavorativa. Tuttavia, non si può disconoscere che anche l’apprendistato fa fatica ad affermarsi come contratto di primo impiego per i giovani. Se può essere vero che le imprese fanno in generale fatica ad assumere se non a tempo determinato, per periodi brevi, occorre anche favorire l’apprendistato con misure supplementari di semplificazione e di gestione dei contenuti e dei relativi adempimenti formativi. In particolare, per l’apprendistato di primo livello, quello per il diritto-dovere, occorrerebbe ripensare al bilanciamento tra gli obblighi formativi delle imprese e i livelli retributivi dei giovani lavoratori.
Alle misure con portata di medio periodo, occorre affiancare subito misure con effetti più immediati. Come dimostrano gli esiti della riforma Fornero, la segmentazione del mercato del lavoro non può essere corretta per decreto. Il ricorso al lavoro a termine anche di breve periodo è ormai una prassi consolidata delle imprese da diversi anni. Piuttosto che contrastarla con misure di irrigidimento della flessibilità, occorre piuttosto gestirla con misure tese a coniugare le esigenze delle imprese con quelle dei lavoratori di dare continuità alle opportunità di impiego. In questo scenario, i giovani devono essere agevolati anche con l’utilizzo dei tirocini formativi, per i quali le ultime modifiche normative e l’accordo della conferenza unificata hanno fornito un quadro regolatorio di contrasto agli abusi.
In sintesi, non esiste una ricetta rapida ed immediata per risolvere il problema della disoccupazione giovanile. Occorrono diverse misure di breve e medio periodo, che non possono più essere rimandate.