Emiliana Dal Bon
L’istituto della certificazione, coevo all’introduzione di una serie di contratti flessibili è stata introdotta nel nostro ordinamento (dal D. lgs 276/2003) al fine di fornire, attraverso un uso “assistito” degli strumenti contrattuali, maggiori certezze nei rapporti giuridici e assicurare alle parti e ai terzi (leggasi enti previdenziali e personale ispettivo), attraverso un atto amministrativo, che la qualificazione del tipo negoziale sia quella che le parti hanno voluto esprimere al momento della costituzione del vincolo contrattuale.
Invero lo strumento non ha mai trovato terreno fertile. le perplessità circa le reali opportunità che offre la certificazione, le riserve di tipo ideologico circa la funzione di assistenza delle commissioni di certificazione, hanno comportato, è giusto ammetterlo, l’insuccesso dello strumento.
Parimenti il mercato ha assistito e sta assistendo ad un progressivo sgretolamento delle ipotesi agevolative.
Il mercato del lavoro soffre dell’eccessiva onerosità del costo del lavoro e il legislatore, quasi con atteggiamento noncurante, non perde occasione, ci è noto, per ridurre ulteriormente le ipotesi di agevolazione.
Come operatrice “di trincea”, con la funzione che mi è propria di moderatrice del diritto del lavoro, ossia di professionista la cui funzione è quella di fornire gli strumenti per un uso consapevole degli strumenti contrattuali, di assistenza alle aziende che si trovano nella necessità di dare effettività (in sede di concreta esecuzione di una prestazione lavorativa, alla tipologia contrattuale scelta tra quelle che, in relazione alle esigenze della produzione e alle necessità di organico, sono poste a loro disposizione dalla legge), con un occhio alla legge ed uno doveroso al portafoglio delle aziende, mi chiedo: perché non collegare il godimento di una agevolazione contributiva alla certificazione del contratto (rectius del contratto di lavoro sotteso)?
Non sarebbe una risposta pragmatica ad una duplice esigenza?
L’effetto “premiante” in termini di contenimento costi non darebbe impulso all’utilizzo di uno strumento –la certificazione- che comporta la scelta consapevole dello strumento contrattuale con innegabili benefici in termini di contenimento di atteggiamenti elusivi?
Fra l’altro, rimanendo impregiudicato il diritto di ricorrere al giudice in tutti i casi in cui vi sia, in concreto, difformità tra il programma negoziale definito in sede di certificazione e la sua attuazione, come espressamente previsto dall’art. 80 del D.Lgs. n. 276/2003, vi sarebbe la garanzia di riconoscimento dell’agevolazione al permanere delle condizioni che ne hanno determinato l’applicazione.
Forse non è necessario inventarsi nulla di nuovo, ma solo abbinare in modo opportuno ciò che c’è.